#43 | La Newsletter del Lunedì
Di vite costrette a zigzagare e fare pivot come StartUp. Di contraddizioni del nostro tempo. Di cervelli che funzionano.
First things first
🙏🏻 A voi, che vi prendete questi dieci minuti di quiete dentro la frenesia della vita, che vi regalate una pausa di distrazione concentrazione su di voi in questo primo lento lunedì di giugno (oh ma sta arrivando l’estate?), che volete bene a questa timida Newsletter tanto quanto gliene voglio io, che la scorrete con pazienza (tanta pazienza) senza giudizio e senza pretese, che lasciate che ogni tanto si faccia desiderare.
🙏🏻 A voi, che fate della Newsletter del Lunedì uno stile di vita: un po’ nuovo, un po’ più calmo, un po’ in contrasto con la velocità a cui si muove il mondo.
🙏🏻 A voi tutti, va il mio grande grazie di oggi: perché nulla di questo lunedì è scontato, perché sono in arrivo cose belle per tutti (noi ci crediamo!) e perché mi serviva un pretesto per ricordarvi che:
questa Newsletter e i suoi grazie, altro non sono che un esercizio di consapevolezza su ciò che ci rende davvero umani: la gratitudine.
La gratitudine, questa amica a tratti sconosciuta.
Credo davvero che la gratitudine e la capacità di empatizzare siano due delle cose che più ci rendono umani. Voi, 43 Newsletter e altrettanti lunedì dopo, avete imparato a iniziare la vostra giornata con gratitudine? Dai, pensateci (adesso, al volo, non dopo che poi vi dimenticate, adesso)! Pensate a tre cose belle (vanno bene anche solo due, se poi domani le fate diventare tre - come funziona con le ripetizioni in palestra) delle quali essere grati oggi. Annotatele: nella mente, nel cuore, su un foglio di carta, sullo specchio del bagno (voi scrivete messaggi sullo specchio del bagno?💄), su una nota del telefono.
Sapete che bello?! Se iniziate a farlo per davvero, poi diventa un’abitudine al punto che man mano che vi succedono cose belle durante la giornata, ci fate caso e vi viene da fermarvi per annotare quel dettaglio lì prima che scappi.
FYI: consigliatissimo da fare anche alla sera, prima di andare a dormire.
Sapete quella frase che dice: “quando siete felici, fateci caso?” Ecco, intendo di annotare quei momenti belli lì. Segnatevela, imparatevela a memoria, ripetetevela e fateci caso. Perché non succede sempre di essere felici (per fortuna, altrimenti daremmo anche questo per scontato), spesso lo si è per poco, ma più imparate ad accorgervene e più allenate il vostro cervello a riconoscere la felicità: è tutto un po’ The Art Of Noticing (per dirlo con uno dei trend di TikTok).
Fa sempre un po’ parte di quel famoso allenamento del cervello, per imparare man mano a riprogrammarlo e a cui non sempre facciamo attenzione (e poi sono cazz- voli amari🥬).
Ma sbaglio o oggi è già iniziata la newsletter e noi non abbiamo ancora preso il caffé? 🤔
Fermi tutti, sipario. ✋🏻
Ricominciamo. 🙌🏻
Il lunedì di oggi è fatto di 3267 parole (da leggere in 13:02 minuti) che arrivano un po’ arrugginite e si trascinano un po’ pesanti, un po’ lente, un po’ a fatica. Nelle ultime due settimane questa timidona si è fatta desiderare (e tanto). Ha le sue scuse ragioni che si nascondono in giorni strani, un po’ grigi, particolarmente densi di pensieri che si aggrovigliano e girano in loop senza via di uscita.
A te capita mai? Di fare fatica a tradurre in parole un pensiero, a uscire dal quel loop mentale, quella stasi di ripetizioni di concetti già noti, che proprio perché noti diventano la tua area di comfort e resti lì. Non ti fa bene, non vai avanti, ma sono pensieri che conosci talmente bene, che resti lì. Ti capita mai?
Ebbene: oggi anche se un po’ contro voglia questa Newsletter si è fatta bella, si è ricomposta, ha un indossato un sorriso e arriva, come tutti i lunedì belli. Perché: che lunedì sarebbe senza Newsletter? Perché non mi piacciono più i lunedì senza (ne sono sempre più convinta, oltre al fatto che sono anche in parte scaramantica). Perché abbiamo bisogno tutti di un po’ di serenità.
Arriva con un caffé che assomiglia molto a quello che prende alle 8 del mattino in pigiama nel bar sotto casa, Fabrizio qui - in una delle mie Newsletter preferite, che scandisce le settimane di martedì, in martedì:
Perché sono giornate storte, in cui sono anche un po’ rincoglionita, nel vero senso della parola — causa inaspettate e non volute crisi di emicrania che mi trasformano in un piccolo bradipo 🦥. Sono stanchissima e non ho voglia neanche di andare a fare la spesa, il caffè in casa è terminato e allora scendo in pigiama. C’est un po’ la vie.
Ma capiamo.
Mi sono chiesta perché se viviamo nell’era del comfort, se non mi manca nulla, se vivo una vita che sulla carta dovrebbe farmi sentire bene, sono così confusa? Perché spesso sono triste, a volte mi sento bloccata, sopraffatta, un po’ spenta?
Oh! Ma di nuovo! È iniziata la Newsletter quando non doveva — forse oggi ha più voglia di uscire di quello che penso.
Ok, arriva bene. Tu gira il tuo caffé anche se non ci metti lo zucchero.
🦸🏻♀️ Qual è il tuo punto debole super potere?
Quella cosa che ti rende un po’ speciale. Che hai tu e solo tu!
Ora: che il Nobody is you sia il tuo super potere lo sappiamo già e lo abbiamo interiorizzato (se non è così, amico, dobbiamo parlare 🫵🏻), ma se pensi proprio a una cosa che hai solo tu? Pensa bene.
«Siamo timidi e vuoi che inizi io? Inizio io!»
Nel mio caso lo abbiamo io e il 15% della popolazione mondiale (quindi circa 1,2 miliardi di persone, cervello più, cervello meno — 300 mila cervelli se pensiamo a chi soffre di emicrania con aura, e SPOILER: vorrei conoscerli tutti).
Quindi ok, non ce l’ho solo io. Fair enough! Ma in questa “Newsletter Metafora di Vita” è il pretesto giusto per farti riflettere e ragionare con il cervello.
Il mio punto debole punto di forza è il mio cervello. 🧠
🧠 È un cervello ipersensibile, che vive tutto più intensamente, che ha bisogno di ritmi regolari e che se supera alcuni limiti va letteralmente in corto circuito. Non funziona più: non vedo più, non mi sento più le braccia, non riesco più a parlare. Sì, esatto: un’edizione di scimmia 3.0 🙈 🙉 🙊
🧠 È un cervello che non tollera bene gli eccessi e gli accumuli di stress protratto e sapendolo, poco prima di andare in corto circuito mi manda spie di allarme per dirmi di calmarmi e rallentare.
Tu: «Marta, ma più piano di così?»
Io: «Più piano di così»
🔎 Se lo vogliamo dire bene, dobbiamo dire che è un Cervello Emicranico e le sue spie di allarme si chiamano Auree.
Queste fasi di auree sono molto fastidiose, a tratti invalidanti, ti bloccano e per forza, devi interrompere tutto quello che stavi facendo. Tutto.
👁️ Nella fase uno: non vedi più niente.
🙌🏻 Nella fase due: perdi la percezione degli arti.
💧 A volte scoppi a piangere forte e non sai perché.
👄 Nella fase tre (questa per fortuna non è stata la volta): non riesci a parlare bene. Buongiorno, “aurea disfasica”.
🧠 È un cervello che ogni tanto si stanca, si fa più fragile, incapace di gestire le cose in modo solito. È irrequieto e iperattivo.
🧠 È da capire, ha bisogno di fermarsi, resettare e poi però va avanti.
È un cervello a cui non ho saputo volere bene per anni, pensando fosse un po’ la mia maledizione, il mio punto debole e che puntualmente quando c’era da fare qualcosa di bello, mandava quel segnale e allora invece di partire per il weekend al mare con gli amici, tornavo al buio in camera mia per ore (2018); invece di festeggiare la fine del liceo con una giornata di sole in giro per Milano, chiudevo gli occhi e stavo per ore in macchina (2009); invece di immergermi nelle acque termali di una laguna islandese, mi sdraiavo al buio in una barella della sua infermeria (2023).
Ecco: prima di oggi, l’ultima volta che è andato in corto circuito così, è stato proprio post Islanda, quando per due, tre (quattro?) settimane ha continuato imperterrito, testardo e determinato a mandarmi segnali di SOS, spie lampeggianti di allarme, prima ogni tre giorni, poi ogni due. Io cieca, sorda e muta a fare finta di niente e a dire che così c’ero nata, e che prima o poi mi sarebbe passata.
Finché alla fine quelle spie hanno iniziato ad accendersi ogni giorno, con flash negli occhi che rendevano il mondo psichedelico: alla fine ho ceduto, l’ho ascoltato e long story (molto, molto) short, ho mollato quel lavoro e sono partita per Bali 🌺. Ok. È stato tutto più arzigogolato e complesso di così e se mi leggi da sempre questa storia la sai già. Se mi leggi da adesso, te lo racconto meglio nella 📌 Newsletter #2.
Fatto sta che quel momento ad alta intensità di auree lì ha accesso una bella consapevolezza.
Da allora non mi era più tornato. E adesso? Perché adesso? Adesso sono tranquilla, sono ferma, sono dove vorrei essere.
Perché se viviamo nell’era del comfort, se non mi manca nulla, se vivo una vita che sulla carta dovrebbe farmi sentire bene, sono così confusa? Perché spesso sono triste, a volte mi sento bloccata, sopraffatta, un po’ spenta?
(Sì, è lo stesso paragrafo di prima, ma prima non la newsletter non era ancora iniziata). Quando mi faccio queste domande qui, il mio cervello parte in voli pindarici dentro la mia testa, quel posto in cui mi perdo spesso, fatto di vortici, buchi neri e pensieri minuscoli che pesano quintali e che vanno veloci come protoni nell’acceleratore di particelle del CERN. Per cercare di capire tutto questo, mi viene l’emicrania. Perché?
Perché il nostro corpo è una macchina spaziale, sa già tutto prima e ce lo dice bloccandoci. Ci arriva prima, è più onesto con noi stessi di quanto non lo siamo noi. Si attiva prima che glielo si chieda e ci manda dei segnali. Segnali forti, che un po’ non vedi, un po’ non vuoi vedere, un po’ ti è comodo non voler vedere.
C’è a chi cadono i capelli. Chi vede la pelle arrossire in tutto il corpo. Chi si riempie di dermatite. Chi si gonfia. Chi si fa scheletrico e scompare. C’è a chi brucia lo stomaco, chi viene sorpreso da un attacco di panico, chi sente un peso sul petto (dove sei tu? ✍🏻 segnati quello che succede a te che poi ti dico).
Io ho vinto l’emicrania. 🎟️
Una cosa che ti invalida, perché tolta la crisi di aurea in sé e per sé che dura mezz’oretta, la maggior parte delle volte parte poi un male alla testa fotonico per cui non puoi più muovere gli occhi — e in tutti quei casi in cui non parte (queste volte ringrazio il cielo) resti comunque rincoglionito per giorni. È tutto lentissimo. Fai fatica a scrivere, ad articolare i discorsi, i pensieri, a elaborarli. Non riesci a guardare uno schermo per più di qualche minuto, non puoi scrivere una newsletter.
Io sono davvero rincoglionita in questi giorni (Joao ride ogni volta che glielo dico, quando non riesco a finire una frase, ma sono seria, non lo dico per dire). È una sensazione in cui il corpo si fa pesante e privo di capacità di reazione, un po’ come dopo una sbornia. 🦦
Tu: «Scusa Marta, ma dov’è il super potere»
Il super potere è l’interpretazione del tutto in modo utile e benigno. Perché in fondo è un cervello super sano così.
“Vivi la vita, vivi bene, Marta, è un bel cervello”
— mi ha detto il mio neurologo quando gli ho parlato. “L’aurea è un segnale celebrale innoquo”. E gli credo.
È un cervello a cui adesso ho imparato a volere bene, perché se non ci fosse lui, non mi accorgerei mai di dovermi fermare. Se non ci fosse lui, non avrei mai cambiato rotta. Se non ci fosse lui, non avrei mai scoperto Bali 🌺.
» La newsletter rivelatrice su Bali 🌺 ti aspetta qui 📌.
È un cervello che mi vuole bene più di quanto gliene voglia io e che quando la mia energia si fa rossa, mi avvisa di rallentare (che comunque chissà se posso impostare che i suoi segnali di allarme arrivino un po’ prima dell’ultimo livello? Just in case).
È un cervello super sano così, che mi insegna a essere più onesta con me stessa e a non aspettare di essere esausta per prendermi una pausa, mi spinge ogni tanto a imparare a misurare la mia energia come parte dell’alto rendimento.
(Mi piacerebbe un sacco studiare come funziona il cervello umano).
Curiosità: che segnali da a te il tuo corpo? Come ti avvisa che sei in riserva? Ecco: prova a concentrarti su quei segnali lì e su tutto quello che succede a te.
Quello è il tuo super potere, arrivato per accendere quella spia arancione 🟠. Quando senti che la tua concentrazione, il tuo umore o la tua precisione iniziano a risentirne: FERMATI.
Non si tratta di andare sempre al massimo, ma di saper calibrare.
Pensa: quando una Ferrari 🏎️ scende sotto il 20% di carburante, non corre meno perché non vuole, ma perché non può più dare il massimo senza rischiare danni. Forzarla significherebbe logorarla ancora di più.
Per noi è lo stesso. Me lo dice sempre anche il mio medico di famiglia (Micky, qui tu puoi confermare!): fare sport senza mangiare è come voler spingere un motore in riserva. Non è allenarsi, è consumarsi.
Lo stesso vale anche per la mente. Dopo sforzo continuo o situazioni scomode e di stress protratte a lungo, anche lei va in riserva. Se non ti fermi, non si spegne: si surriscalda. E una mente surriscaldata non ragiona meglio, solo più in fretta verso l’errore. Le nostre riserve calano, perdiamo concentrazione, lucidità e la reale capacità di dare il meglio dove conta.
Ogni tanto serve spegnere, respirare, resettare. Non per rallentare, ma per non rompersi.
Perché chi sa quando fermarsi, sa anche come arrivare più lontano. 🐢
Adesso qui ti voglio: quand’è stata l’ultima volta che ti sei concesso una pausa nel momento giusto? 💭
Se non ti viene in mente quell’ultima volta, mi sa che hai tutto il diritto di prendertela ora. Te la prescrivo io. 👩🏻⚕️
Nel mentre, io sto curando le mie emicranie con tanti caffé buoni, il mare e qualche coccola.



Oltre a tutti i consigli belli che mi date voi.
Quindi esatto: il mio punto debole di forza è un cervello emicranico e comunque sanissimo così. Un cervello che devo fare diventare forte.
Ma tu sai perché si incastra?
È una storia bella, e te la racconto dopo questa canzone qui: tu intanto ascoltala e fai una pausa. ☕️
🎧 [Se sei arrivato ora: c’è una Playlist per te e per tutte le volte che vuoi resettare il tuo cervello stanco. Si chiama la Playlist del Lunedì e si ascolta qui. E scrivimi se vuoi che aggiunga anche la canzone bella che dici tu].
🌀 Perché ogni tanto ci si incastra il cervello?
Hai presente le StartUp? Quelle entità che nascono nel caos, senza troppe certezze, senza modelli già scritti, dove chi le guida prende decisioni senza sapere troppo bene come andrà? Dove? Con chi?
Non pensare però a una StartUp qualsiasi, pensa a quelle di successo. Una di quelle che è così grande che non pensavi neanche fosse una StartUp e devi scoprirlo leggendo l’ultimo post di Chapeau 🧢.
Non so, pensa tipo ad Airbnb 🏡, che prima era un sito per affittare materassini gonfiabili a sconosciuti, con colazione inclusa. O Pinterest 📌 era nato come un'app per lo shopping social, tipo un catalogo visivo da cui acquistare. Pensa a Slack 💬, che prima era un videogioco multiplayer fallito. Twitter 🐦? Era una piattaforma per podcast (!).
Poi pensa a BlackBerry, che invece quel cambiamento non l’ha saputo cogliere. Forse non è nato come StartUp, ma era il re degli smartphone, ha sottovalutato l’arrivo del touch, delle app, del nuovo modo di comunicare, è rimasto ancorato al suo modello... e RIP! Spazzato via dal mercato, perché il mondo è andato avanti (resterai comunque il mio cellulare preferito 🫐).
Se ci rifletti, c’è un po’ un trend comune tra tutte queste StartUp che ce l’hanno fatta e i suoi founders, co-founders, CEOs e inventori — e no, non è svegliarsi alle 5 del mattino per andare a correre.
È il trucco del non innamorarsi troppo della propria idea, ma sapersi adattare al cambiamento, anticiparlo, cavalcarlo e agire con coraggio nella più totale incertezza, fino a reniventarsi con un bellissimo pivot. 🤸🏻♀️
As simple as that. Che detta così sembra davvero molto semplice, soprattutto se poi leggi questa frase tutta d’un fiato e senza punteggiatura; ma di semplice non ha proprio nulla. Nulla. Niente. Nada. Nothing. Rien. Nichts. Nisba.
Cambiare è difficilissimo, si può. Ma è difficile. Serve consapevolezza, ma anche contesto favorevole: spazi che accolgano la differenza, che non costringano a rientrare nei binari precisi, che non leggano ogni esitazione come un fallimento.
E poi il nostro cervello non è progettato per il mondo che abbiamo costruito. Una società iper capitalistica in cui il cambiamento non funziona.
[Questo non l’ho detto io, se hai pazienza di leggere ancora un po’ arriva anche la fonte].
I CEO e i founder di quelle StartUp di successo lì, diventano allora i miei mentori, i miei spiriti guida, animali guida e geni del bene, nel momento stesso in cui agiscono con tutto quel coraggio lì, anche quando niente è garantito, cogliendo l’opportunità al volo, riconoscendo quel cambiamento (di mercato, di tecnologia, di bisogno) prima degli altri e buttandocisi sopra, a capofitto, senza cedere a riflessioni introspettive, con tutto il bello del rischiare prima ancora di sentirsi pronti, adattandosi al cambiamento durante la corsa.
Insomma: per poter vivere nella nostra società che ci chiede costantemente di cambiare, serve avere la loro mentalità, quella mentalità più da prototipo, che da oggetto finito.
Che io non ho.
Per anni ho pensato che il non riuscire a vivere esattamente così, fosse un mio bel grande problema, che il problema fossi proprio io — spesso lo penso ancora. Per anni ho pensato che il tentennare in un momento di vita privo di certezze, fosse una paura solo mia; che la paura di rischiare e il vivere le mie varie fasi di incertezza ignorandone i segnali, mi rendessero diversa dagli altri. Per anni ho pensato che il cambiare strada, equivalesse a un fallimento e vedevo questo come un mio blocco, una mia infinita debolezza, al punto da pensare che dovesse essere in qualche modo sistemato.
Poi ho scoperto che 1) non capitava solo a me, e soprattutto 2) cambiare non è per niente semplice. Qui ho tirato un sospiro di sollievo (è stato relativamente poco tempo fa).
Arrivo con le fonti, non vorrei mai prendermi meriti che non ho e soprattutto ci tengo a farti capire che davvero, siamo un po’ tutti nella stessa barca: noi trentenni di oggi, non proprio sempre arrivati, che abbiamo in mente una strada e quando le cose non vanno come pensiamo, ci fermiamo e ci addentriamo in ragionamenti introspettivi, infiniti, pensando al perché, al per come, al come farla andare per forza bene, che quando sbandiamo da quei binari restiamo fermi e immobili, persi in “un bucle” — come dicono in spagna, di pensieri irrisolvibili (all’apparenza).
Ma anche noi ventenni di oggi che finita l’università non troviamo lavoro come vorremmo e ci perdiamo, perché ancora incapaci di reinventarci (qui mi associo per par condicio, anche se fresca dei miei primi 35 anni 🎂 — dillo che per oggi ti aspettavi la Newsletter di “Cose fatte prima di compiere 35 anni”, dillo).
Dicevo: le fonti. In una puntata di 🎙️ Tressessanta particolarmente illuminante, il medico, psichiatra e divulgatore Valerio Rosso (ma solo a me il suo logo rosso e nero ricordava quello di WeRoad? 🤔 In un certo senso parlano di viaggi entrambi) ha detto una cosa molto chiara: gli esseri umani non amano cambiare. Non è solo una questione di volontà, ma di struttura.
🔎 Secondo Freud, abbiamo una sorta di “vischiosità della libido”: la nostra energia, quella che ci fa entrare in relazione con le cose, si attacca, crea legami. E staccarsi — da abitudini, relazioni, ambienti, identità — è faticoso. Non per debolezza, ma perché siamo fatti così.
E questa fatica raddoppia se l’ambiente attorno non aiuta.
Ci dice che viviamo in una società che premia l’omologazione, che genera desideri dall’esterno, che non supporta la diversità, né la trasformazione. Quello che succede quando provi a cambiare strada, è molto simili a quella scena del Truman Show in cui tutto impazzisce, perché stai rompendo il copione.
Ti lascio la puntata di Podcast intera qui per ascoltartela con calma. Merita. Però ecco, per fartela breve: no, cambiare non è facile, non pesa solo a te e lo stanno studiando da millenni.
Cambiare è possibile, lo è sia per noi trentenni persi, che per le StartUp di oggi, ma non è sempre facile come sembra dal racconto di chi è riuscito a fare pivot, nella vita e nel business, ed è arrivato: ha avuto successo. Quindi mi sento di dirti di non prendertela se non riesci propriamente ad adattarti al cambiamento come vorresti tu. Nel mentre, proverò a non prendermela neanche io.
Ed ecco che anche i podcast sull’imprenditoria si fanno anche fonti di riflessioni per il benessere mentale, e veri e propri manuali di sopravvivenza emotiva. 😏
Quindi, scusa, ricapitolando:
L’essere umano non è naturalmente predisposto al cambiamento.
La società in cui viviamo non ci aiuta a cambiare, anzi spesso ci penalizza quando lo facciamo.
Il nostro cervello è progettato per mantenere equilibrio, non per cambiare continuamente.
Eppure, per evolverci e sopravvivere, dobbiamo cambiare.
Ora mi spieghi come fa a non andare in corto circuito il cervello anche a te?
🥁 Facciamo una pausa?
Che la tua energia sia verde, gialla o arancione, facciamo una pausa? Mal che vada sarai solo più pronto a ripartire bene dopo e ad andare più lontano. E che tu abbia un cervello emicranico o no, ti serve una pausa. Ce lo insegna la neuroscienza.
“Il tuo cervello non è una macchina, è un ballerino che ha bisogno del suo valzer”.
E ce lo racconta questo simpatico video qui:
Credo fermamente che leggere questa Newsletter rientri nelle cose da fare nell’Arte della Pausa Perfetta?
Anche perché io faccio finta di nulla, ma volendo farci caso, ultimamente mi sembra di capire che è davvero un periodo un po’ intenso per tutti, anche per te.
Lo capisco dalla preoccupazione di Federica la cui Newsletter ha tassi di apertura più bassi del solito, lo leggo in quattro delle cinque Newsletter belle a cui sono iscritta io:
🔗 una delle ultime Friday’s Email di Alessandro Tommasi si apre così,
🔗 quella di Fabrizio questa settimana non è uscita e Fuori Programma non arriva da un po’; i ragazzi di Chapeau se la giocano bene, intrattenendoci con una foto,
🔗 nell’ultimo numero di FARO si legge così:
Siamo tutti un po’ di corsa: ma chi rincorriamo? Da chi scappiamo a gambe levate? Dove ci perdiamo correndo per cercare di inseguire quel cambiamento a cui non tendiamo naturalmente.
E in questa corsa veloce senza direzione, a zigzag e tra pensieri storti, si è persa anche la Newsletter del lunedì (rettifico: le ultime due). Qui siamo tutti un po’ d’accordo che gli ultimi due lunedì senza newsletter sono stati assurdi? ❤️🩹
Lo scorso nello specifico, non mi dilungo molto, non me la sento, per quanto io sia sempre molto a mio agio qui (oltre al fatto che saremo già a una quindicina di minuti di lettura). Vero è che mi ha fatto riflettere e anche un po’ sorridere il pensiero di come sia accaduto proprio di lunedì: un modo un po’ brusco per mettere alla riprova questa metafora di ridare valore ai lunedì, di partire dal lunedì per giocare a trovare glimmer e romanticizzare con la vita, per rendere questa metafora più forte, più viva, più salda. Per crederci comunque, e ancora di più.
Reset, cambio pensieri e torno:
🪡 E allora il tuo punto debole?
Il tuo tallone d’Achille? Sì dai, rendiamola un po’ più leggera: il mio sono i P.S. Perché sempre più spesso mi capita che le cose più importanti si scrivano lì, in fondo al tutto, nei Post Scriptum a chiusura di lettere, mail e commenti lunghi, lunghissimi.
Lo sto imparando man mano. Lo imparo rileggendo messaggi vecchi di persone allora sconosciute che poi sono diventate importanti. Si nascondono lì. Sono i miei punti deboli.
Pensa che bello scrivere una storia solo raccogliendo i P.S. del mondo? A proposito di P.S., quello di oggi è molto dolce.
📌 Post Scriptum
Se soffiando le candeline sulla torna di compleanno, ti dimentichi di esprimere un desiderio, vale farlo il giorno dopo?
Io nel dubbio l’ho fatto, rispondendo a qualche messaggio di auguri rimasto in coda dal giorno prima, prendendo il primo caffé della giornata e mangiando qualche ciliegia (vale anche esprimere un desiderio quando ne trovi due unite) 🍒🌸
Quindi sì, tra un lunedì off e l’altro io sono diventata grande e la casa profuma ancora di fiori, è avanzata un po’ di torta e tantissime ciliegie. Sai che io non mi ero mai organizzata una festa di compleanno? Sono diventata grande e vedere tante mie nuove persone qui, solo per me, serene così, è stato un regalo molto bello.
Tra gli highlights della festa 🍒🌸🎂 anche un po’ di Newsletter del Lunedì, o meglio, come le ha ribattezzate Tod, “Words of Wisdom by Marta”: ogni invitato aveva un bigliettino da pescare nella più totale casualità, che se fosse stato fortunato, gli avrebbe parlato. C’è chi l’ha letto ad alta voce, chi se l’è messo in tasca, chi si è commosso. Spoiler: hanno parlato a tutti e mi è venuta voglia di farlo ancora.
Qui il resto degli highlights 🍒🌸🎂:
Di caffè oggi ne servono due, uno prima e uno post fetta di torta buona, un regalo della mia Persona Vitamina 🍊 che ha festeggiato con me anche se da lontano. Un’opera d’arte rigorosamente fatta da Masmeriendas, piccolo laboratorio di torte e pasticceria artigianale in Poblenou a Barcellona, a cui ho commissionato la mia torta di compleanno per i prossimi 35 anni di vita (o quelli che festeggerò da Barcellona).
Sa di pane, burro e marmellata di frutti rossi. 🍒🌸🎂
E il confronto con i 365 giorni prima l’abbiamo fatto? Sì, l’abbiamo fatto, e lo abbiamo fatto in modo molto sereno, con consapevolezza, gentilezza e gratitudine. Ho davvero riletto la 📌Newsletter #13 prendendo il caffé e rispondendo agli auguri, ed è stata una bomba di serenità — rileggila anche tu se hai la tendenza a perderti in paragoni non sani.
Dalla to-do list dello scorso anno restano pending il farmi i capelli rosa 👩🏻🎤 e una serie di altre cose che posso rimandare a quest’anno, ma al Sud sono tornata:
E non mi ricordavo neanche di averlo scritto. Vedi che serve fare liste lunghe e vision board?