#36 | La Newsletter del Lunedì
Di un nuovo step da aggiungere alla tua beauty routine (quella insolita e non convenzionale del post #31), della fatica di diventare adulti e di una risposta che non riesco a dare a G.
☕️ È pronto il caffé!
Oggi partiamo subito con il caffè, con un disegno e con l’ennesimo riferimento a Baudelaire che a noi poeti, artisti e passeggiatori urbani contemporanei piace tanto.
Giusto due considerazioni su cosa non troverai nella Newsletter del Lunedì di oggi:
🙅🏻♀️ gossip, highlights e curiosità sulla Fashion Week a Milano
🙅🏻♀️ estratti e pensieri dall’ultimo dialogo tra Trump e Zelensky
🙅🏻♀️ info sulle condizioni di salute del Papa
🙅🏻♀️ che fine ha fatto Adam Newman *
Perché lo so che c’è il mondo lì fuori, anzi, ad essere onesta a me quel mondo ultimamente fa anche un po’ paura. Ma per questi 10 minuti (15?), lasciamo quel mondo fuori: sia il tuo mondo di cose urgenti e di infinite priorità da riordinare per importanza per riuscire a farle tutte, sia il mondo che ci circonda; lasciamo tutto un attimo fuori, chiudiamoci in questa bolla di spazio nata per coltivare pensieri belli, sereni e positivi (quelli che ti servono per mantenerti sano, forte e bello più a lungo — come si diceva qualche settimana fa, qui 💌).
Here you go: goditi le tue 5411 parole di questo primo lunedì di marzo, da leggere in 21:38 minuti a sorsi di caffé preso al sole. Dai che ormai ci siamo, questo primo lunedì di marzo sa tantissimo di primavera e non hai più scuse per non fare questa pausa caffè + lettura lunga all’aperto. Anzi: così puoi fare anche il pieno della tua quotidiana dose di vitamina D. 🌷🪻🌼🍃🌷🪻🌼🍃🌷🪻🌼🍃🌷🪻🌼🍃🌷🪻🌼🍃🌷🪻🌼🍃
* questo però se vuoi lo puoi leggere qui 🤠confesso che interessava anche a me e sì, ti confermo che anche per me WeCrashed 🍿 resta una di quelle serie già viste, ma da rivedere (tipo ora).
🫁 Respirare.
Respirare è una cosa semplice, automatica, che sai fare tu e so fare io, che sappiamo fare tutti, anche se nessuno ce lo insegna. Nasci e respiri. Ok, sei vivo. Se respiri bene o male, non si sa, perché nessuno ti spiega come si fa. Poi cresci e ti accorgi che forse non lo sa fare nessuno. Che spesso ti dimentichi di respirare e vivi un po’ in apnea.
Vivi un po’ in apnea, al punto da avere la presunzione di iscriverti a quel corso per prenderne davvero il brevetto perché tanto tu sai già come si fa. A non respirare. E invece ti accorgi che è tutto una grande incomprensione: l’apnea vera è un’altra cosa, è consapevole, ci devi stare attento, ti ci devi preparare, hai bisogno di una mente attenta e capace di ascoltarti bene. Ed è tutto una grande incomprensione anche quel tuo saper respirare. Nessuno te lo ha insegnato, ma forse è arrivato il momento di imparare un po’ da solo no? Anche adesso che sei grande.
Nice and slow
Nice and slow ci ripete Serena, mentre ci guida verso il saper respirare, mentre ci invita a prenderci quel momento di giornata, di settimana, di mese, di anno, di vita, per noi, per divertirci, ridere e stare bene, per esprimere chi siamo e con noi tutte le nostre emozioni (ehmm…), per danzare, muoverci e respirare.
Ma aspetta che te lo racconto bene.
Partiamo dall’inizio 🦕: io quando torno a Biella ho i miei appuntamenti fissi, quelle cose che mi piacciono e che da qualche tempo fanno parte di una routine che ho scelto perché ho capito che mi fa stare bene. Nice and slow.
Quel “da qualche tempo” coincide con il momento in cui ho capito che non mi stavo volendo bene nel costringermi a stare dove stavo (metaforicamente e non) e ho deciso di cambiare (per la versione più lunga, qui 💌).
Una di queste cose che mi piacciono è l’appuntamento del sabato mattina con Marta 🧘🏻♀️🪷 (dove Marta non sono io purtroppo, anche se è probabile che tu l’abbia già incontrata qui perché ogni tanto ritorna, è una di quelle persone con le quali mi trovo e che fa parte della mia nuova routine di vita): un’ora di yoga che questa volta è stata molto più profonda e rivelatrice di così. Nice and slow.
[Ma poi: sono io o ultimamente si sono moltiplicate le Marta del mondo?]
L’ospite di questa vera e propria MasterClass di yoga del sabato mattina alla quale mi sono iscritta senza leggere troppo tutto il programma e fidandomi di Marta, della sua sensibilità e di tutte le cose insolite che fa sempre per stare bene (il Format YogArt nelle gallerie d’arte a Milano, per esempio), era Serena, appunto, una ragazza indiana, sposata con un italiano, che attualmente vive a Londra. Confesso: a me questi mix di persone qui piacciono già in partenza, mi creano immagini mentali stra belle.
Quello di sabato era il suo primo workshop in Italia (di solito li fa tra Singapore, l’Inghilterra e la Corea - che onore che per l’Italy abbia scelto questo mini paesino di provincia che ha tanti lati, è poliedrico un po’ anche lui e che alle volte è così difficile da apprezzare. Ma oggi gli si vuole bene). Nice and slow.
Nice and slow.
Lo ha ripetuto per tutta la pratica, facendoci respirare, chiedendoci di fare movimenti gentili, di parlarci in modo gentile, di volerci bene. Ecco:
Ma tu ti vuoi bene?
Ti tratti bene?
Se sei qui oggi, in effetti forse un po’ sì.
Nice and slow. Abbiamo iniziato questo sabato mattina lasciando il mondo vero fuori (un po’ come qui), chiudendo gli occhi e lasciando che il nostro corpo si muovesse da solo liberando collo e spalle, seguendo musiche nice and slow.
Insomma, amigos: questa pratica è iniziata con una sessione di vera e propria danza per liberare le nostre emozioni. Nice and slow.
Fermi tutti! 🙌🏻
🙋🏻♀️: «quali emozioni?»
🙇🏻♀️: «oh mio dio io mi vergogno!»
🤦🏻♀️: «se l’avessi saputo, non sarei venuta»
🤷🏻♀️: «Marta, ma perché ti ostini sempre a fidarti senza leggere i programmi? C’era scritto tutto».
Tutti questi (+ altri che non ho decifrato in tempo, ma la percezione era di caos mentale) erano i pensieri che si accumulavano, urlando, nella mia testa appena ho capito cosa ci avrebbe atteso.
Viviamo correndo e quando non stiamo correndo perché siamo in ritardo, stiamo correndo per allenarci alla prossima maratona, per battere il prossimo record, per fare un selfie che prenda tanti likes, per liberare quell’ansia (misto a paura di vivere, misto a noia di vivere, misto a “io non ce la faccio a vivere”) che abbiamo accumulato correndo perché eravamo in ritardo. Corriamo, andiamo sempre di fretta e siamo in costante ritardo a Biella, a Milano, a Barcellona, a Londra, a Melbou… no qui no. Comunque, noi da questa parte del mondo corriamo. E mentre noi corriamo come quel Bianconiglio del post #8 qui, corre anche la nostra mente, corre e si fa spazio avanti e indietro tra i pensieri del passato e tutto quello che vorresti cambiare, rifare meglio di così ma che non puoi né cambiare né fare meglio di così, e del futuro, con tutte le ansie e le paure di quello che ti aspetta. Corre e salta tra un pensiero e l’altro.
Mentre Serena ti dice con voce gentile, nice and slow, di fermarti qui, di lasciare il mondo fuori, di prenderti questo tempo per te, per divertirti, per ridere, per lasciarti andare, per giocare con te.
🤦🏻♀️: «sì, va be’ ma come si fa?»
La danza è una medicina, ci dice Serena con il suo accento ormai più londinese che indiano (io ho un debole per chi parla inglese bene così, soprattutto se non è autoctono). Ce lo dice sorridendo, un sorriso genuino e sereno (non l’ho fatto apposta, semplicemente lascia davvero emergere tanta serenità fisica e mentale, interiore e radicata) che ha mantenuto per tutta la durata della pratica, trasmettendoci calma, sicurezza, serenità.
Sono belle le persone che sorridono, sei ci fai caso. Tramettono calma, sicurezza e serenità. E forse è per quello che si dice, “sei bella/o quando ridi”, inconsciamente trasmetti questa serenità qui. Io per esempio ho la tendenza a essere sempre un po’ imbronciata (e purtroppo da sempre, come dimostrano le foto di famiglia, soprattutto quelle da più piccola quando non me ne accorgevo). Forse sono imbronciata anche in questo momento, mentre scrivo, ma qui è perché ho il sole negli occhi [ecco: ma che bello è scrivere questa newsletter da casa, con il sole che entra in veranda, ti scalda tanto che puoi stare in mezza manica e un po’ ti abbaglia? Te lo dico io: è uno di quei piaceri della vita che mi fa apprezzare TANTISSIMO avere una casa con il giardino e il sole al mattino, una veranda in cui fare colazione con il sole negli occhi e bere caffé lunghi - è uno di quei glimmer belli BELLI, che spesso rimpiango quando sono a Milano].
[Ops, mi sono persa. Ora recupero ⏮️]
Corriamo, corriamo, senza manco sapere dove stiamo andando e ci dimentichiamo di respirare, di ascoltarci e di volerci bene. Ci dimentichiamo come si fa a respirare. Ma l’abbiamo mai saputo fare per davvero?
Serena inizia questa lezione nice and slow, dicendo che non ci insegnerà nulla oggi, di non copiare lei mentre si muove, ma di prenderci questo momento per noi, per ascoltarci, per esprimere tutto quello che abbiamo accumulato sulle spalle. Nice and slow.
Ormai siamo in ballo, balliamo — ti direi, e anche qui senza farlo apposta.
Le indicazioni sono semplici: devi seguire la musica e lasciare che il corpo si muova da solo, spontaneamente, senza cercare di controllarlo, senza fare per forza qualcosa che abbia senso. Però nella pratica, mi viene un po’ da morire (forse il mio essere introversa e timida, forse anche quell’ansia-sbatti-terrore di poter essere giudicata, che poi da chi? Prima da me stessa che dagli altri credo, perché è un po’ sempre così, lo sto notando sempre di più e di lunedì in lunedì: mi sto scrollando un po’ di dosso quella parte di giudice lì, ma 1.che difficile e 2.che sbatti averlo sempre dietro eh!).
Lasciati andare, nessuno ti guarda, chiudi gli occhi, nessuno ti giudica.
Muoviti come ti senti tu.
Nice and slow.
E poi sorridi.
Io non lo so come ho fatto, se ci penso adesso. So che alla fine è stato tutto molto più spontaneo, genuino e semplice di come me l’ero immaginato. Oltre che più bello. Lì, totalmente fuori dalla mia comfort zone, in mezzo a dodici sconosciuti, Serena mi guidava nel liberare il corpo (la mente e il cuore?) in una sessione di danza che vista dal di fuori poteva assomigliare a una sorta di ballo tribale, o a un rave party di musica techno, di quelli che fai magari di giorno, su un tetto di Londra con gli occhiali da sole, appunto. Ti senti rigido come una scopa appena parte la musica e un po’ ti guardi in torno per capire chi parte per primo, chi si sente più a suo agio, poi ci provi tu e dopo pochi secondi senti che il tuo corpo sa muoversi bene anche da solo, non hai bisogno di controllarlo e dirgli cosa fare (ah no? no, per una volta no, sa già tutto lui), si libera di quel peso sulla schiena che credevi fosse la coda lunga di quei giorni zaino in spalla, si liberano le tensioni sul collo. Ci prendi gusto. Vorresti che durasse di più.
La danza è una medicina.
Adesso capisci perché forse in quegli otto (otto?) anni di adolescenza in cui per seguire tua sorella avevi cominciato a fare danza anche tu, eri più rilassata e sorridente. Danza moderna, poi contemporanea, poi classica, poi moderna-contemporanea-classica insieme, poi jazz, musical, insomma sì, tutte le tipologie, perché alla fine è vero, una tira l’altra nel vero senso della parola, e ti fa stare bene. Mi chiedo come riuscissi a gestire i miei lunedì e quei calendari così fitti di lezioni a scuola, impegni a scuola, impegni dopo scuola, pomeriggi a studiare e passare anche tutte quelle ore lì, danzando. Però in effetti se ci ripenso bene, stavo bene.
Sai che forse è vero, la danza è una medicina.
Prima che tu pensi a me come Pina Bausch, Roberto Bolle, Carla Fracci e compagnia cantante danzante, fermo un attimo, no, ecco no: il mio è sempre stato tutto un danzare per divertirsi, per rilasciare quelle prime ansie adolescenziali lì e stare bene. Nulla di professionalmente professionale (nonostante le ore dedicate, ammetto). Anche perché, con tutto il rispetto: c’è chi è portato e chi no. Come in tutto. E poi c’è chi si impegna tantissimo e alla fine lo fa bene, ma non gli esce spontaneamente. Io faccio parte di questo secondo gruppo e mi va anche bene così, se no a quest’ora vorrei essere davvero su un palco accanto a Robi. Ovvio, se mi fai vedere una coreografia probabilmente te la faccio uguale, però manca quel quid in più che riesce a toccarti e a trasmetterti un’emozione. Ecco qui. Alla fine tutto torna.
Però gli effetti benefici della danza, li riconosco. Adesso che Serena ha risvegliato queste vibrazioni qui, me li ricordo. Ti verrà da ridere se ti dico che ogni tanto mi regalo sessioni di danze prive di senso e men che meno coreografiche, in casa. Sai quando ti ritrovi iperattivo la sera, ma è troppo tardi per uscire a correre? O quando hai il cuore sull’acceleratore e devi trovare un modo per riabbassare i battiti? O quando senti di avere troppe cose da fare, senti che hanno tutte la stessa priorità, e non sai come riordinarle? In queste situazioni qui, una sessione di danza e balli privi di senso e coreografia, può essere molto benefica. Molto. E poi se riesco io nel mio mini bagno della mia mini casa, non serve davvero niente neanche a te.
👩🏻🏫 Un’altra cosa dall’immediato effetto benefico in casi di tensione, ansia, rabbia e emozioni forti da sfogare che mi sento di consigliare è la lotta con i cuscini, meglio se in due, ma ti assicuro che se sei arrabbiato, triste, agitato o semplicemente non sai cosa fare, tirare un cuscino addosso a qualcuno, o anche a un muro se vuoi, oltre a liberarti tantissimo, ti fa venire talmente tanto da ridere che ti passa tutto, al punto da non ricordarti più perché hai iniziato. La consiglio anche come terapia di coppia, ti passa tutto, e te lo dico con cognizione di causa (poi dipende sempre il tipo di crisi in cui siete, ma se siete arrabbiati per chi doveva lavare i piatti oggi per esempio, è perfetto, passa tutto).
[Scusami! Non riesco a non perdermi, sono un po’ distratta — sarà il sole di marzo e il mondo di pensieri positivi che ho in testa e si risveglia].
Morale: dopo questa manciata di minuti a danzare liberamente nice and slow, con una serie di sconosciuti, mi sono sentita molto leggera e serena. Sorridere è stato spontaneo.
Però non avevamo ancora iniziato a respirare.
🪷 Siediti e ascolta.
Ti siedi e ascolti com’è cambiato il tuo respiro, il tuo battito cardiaco, ti accorgi di come ti batte forte il cuore, come ti rimbomba nella testa, di come scorrono veloci i tuoi pensieri, che adesso non riesci più a fermare, non li vuoi più fermare e li lasci correre come le onde nel mare; senti il sangue che ti scorre nelle vene, la tua linfa vitale darti energia, l’energia riempire la mente, il cuore e i polmoni.
Qui poi ti siedi e ti ascolti.
Perché a forza di parlare e parlare, non ti ascolti più e non sai neanche ascoltare gli altri, e a forza di pensare e pensare, non ti ascolti più e non ascolti gli altri. Non sai più neanche a cosa stai pensando, ma sei impegnato a pensare e a ripensare alla versione di quel pensiero, ripensato. Ad ascoltare quella vocina nella mente che ti parla e di un pensiero che nel mentre, genera altri dieci sottopensieri. Vivi nella tua testa al punto da lasciare che quel pensiero (e i suoi dieci sotto pensieri) ti faccia paura.
No, fermo. Siediti e ascolta. Ascoltati.
Stai provando tantissime emozioni, un po’ le hai fatte uscire, ma non le sai decifrare, perché nessuno ci insegna a riconoscerle queste emozioni, a gestirle, a farci amicizia, come con il respiro.
Nel mulino che vorrei invece ci insegnerebbero a riconoscere e ad esprimere tutto quel turbinio di emozioni lì, già da bambini. In quel mulino ci insegnerebbero a respirare e l’insegnante si chiamerebbe Serena.
[Che a proposito: tu lo sai che il Mulino, dell’espressione “nel mulino che vorrei”, dei tuoi biscotti preferiti, quel mulino a cui siamo tutti un po’ legati, quello da cui ci stiamo anche un po’ (un po’ tanto) distanziando parlando di famiglie e contesti sociali, è in vendita?! Tutto questo discorso bello lo puoi approfondire in questo post di SmartTalks perché fa parte di quel marketing nostalgico che a noi un po’ un po’ tanto piace).
Prima che mi riperdessi ancora (è inutile, non lo faccio apposta, ma è più forte di me) dicevamo: l’insegnante di respiro si chiamerebbe Serena (la lezione sulle emozioni la terrebbe Elena, e quella lezione di biodanza vorrei che la facesse Federica, un’altra anima bella, conosciuta nell’ultima settimana causa una colazione buonissima al sapore di granola fatta in casa, con la quale è subito scattata affinità). E la classe è fatta. 👩🏻🏫👩🏻💼🧘🏻♀️
Torniamo da Serena. Ed eccoci qui, seduti a gambe incrociate e occhi chiusi a imparare a respirare: quella cosa semplice, automatica, che sanno fare tutti (lo sanno davvero fare tutti?). Una cosa che se mi avessi raccontato anche solo qualche mese fa, non mi avrebbe mai attratto, anzi, non avrei neanche ascoltato che finissi la frase, perché “quelle cose non servono” ti avrei risposto. Adesso invece riesco a stare seduta per dieci minuti, riesco a riempire i polmoni se inspiro e riesco a tenere gli occhi chiusi davanti a te: della serie, un po’ di passi in avanti li abbiamo fatti, anche quando sembra di no.
Respirare, che se fatto bene è quello che ti serve e che devi fare per coltivare pensieri belli, sereni e positivi che servono se vuoi mantenerti sano, forte e bello più a lungo — eccolo qui, il passaggio da aggiungere alla beauty routine si cui abbiamo parlato qualche settimana fa, qui 💌. Il respiro.
Se impari a respirare, riesci anche a:
✔ Purificare i polmoni e le vie respiratorie eliminando tossine e anidride carbonica. ✔ Stimolare il metabolismo e migliorare la digestione. ✔ Aumentare l'ossigenazione del cervello, migliorando concentrazione e lucidità mentale. ✔ Riequilibrare il sistema nervoso, riducendo ansia e stress. ✔ Aiutare a risvegliare l'energia vitale nel corpo.
Mi chiedo davvero perché non ce lo insegnino un po’ prima. Immagina di danzare per liberare le emozioni + respirare in serie lunghe così = praticamente ringiovanisci.
In realtà tutto molto più complesso e strutturato di così. Questa tecnica di respirazione qui nello specifico (sì, ci sono varie tecniche e io sarò molto poco didascalica e precisa perché questa materia è troppo profonda e nutro troppo rispetto nei suoi confronti per voler anche solo fare finta di sapere — ecco perché nel mulino che vorrei insegnerebbero a respirare alle elementare, medie e poi anche alle superiori, si chiama pranayama ed è un'antica antichissima pratica di yoga che riguarda il controllo del respiro e serve a purificare il corpo e la mente, facilitando la meditazione e il raggiungimento di stati di consapevolezza più elevati.
[Ecco, già ti vedo che mi immagini seduta a gambe incrociate e sopraelevata da terra. Dai, sii serio. Non è niente di così]. 🐼
Anzi, facciamo le cose bene:
🔎 La parola sanscrita "pranayama" è composta da:
- "Prana", che significa "energia vitale" o "soffio vitale". Nella tradizione indiana, il prana è considerato l'energia che permea tutto l'universo e sostiene la vita.
- "Ayama", che significa "controllo", "espansione" o "regolazione".
Ripeto: è una materia talmente complessa, profonda e “elevata” che ben mi guardo dal fare finta di conoscerla. Mi ci sono avvicinata perché, detta male, “non mi arrivava più l’ossigeno alla testa ogni tanto” e ho notato che coricarmi per terra a respirare bene così mi facesse bene. Non ti nego però che nonostante io pratichi yoga da circa un’anno e mezzo, ancora mi confondo (e per bene) l’Hatha Yoga, con l’Asana Yoga (Asana che per me è ancora un tool di project management), o i nomi delle posizioni e del tipo di respiri possibili. Qui perché io sono molto fisionomista e probabilmente se ci dovessimo incrociare tra dieci anni per un corridoio ti saluterei ancora anche se ti ho visto solo una volta, ma sui nomi non ci siamo.
Ho fatto un riassunto per capirci tra noi, solo per farti capire il bene che ti fa sapere respirare con consapevolezza, di come ti aiuti a migliorare la tua salute (fisica e mentale) e la concentrazione.
🔎 Se poi approfondisci un attimo, i suoi benefici includono:
• Riduzione dello stress e dell'ansia
• Miglioramento della capacità polmonare
• Maggior ossigenazione del sangue
• Rafforzamento del sistema nervoso
• Equilibrio tra mente e corpo
Quindi vedi, un sacco di quelle cose lì che ti servono per vivere, e che se avessimo imparato a gestire un attimo prima, magari avremmo vissuto meglio anche gli ultimi trent’anni. E invece serve un burnout per svegliarti fuori (parola sempre più abusata e senza neanche troppa cognizione di causa ultimamente, secondo me).
Tornando seri, se impari a respirare bene così, con consapevolezza, ringiovanisci e vivi più a lungo. Dicono.
Io se fossi in te ci crederei e lo aggiungerei alle note che ti sei preso dalle beauty tips scorse » qui 🧖♀️.
Una lezione che si è conclusa con un:
“se ti è piaciuta, ti è piaciuta e se invece non ti è piaciuta, non la fai più”. Semplicemente così.
È così che andrebbe vissuta la vita forse? Chiedo! ✋🏻
💭 re: Cara Giorgia […]
Tra i motivi che ti impediscono di respirare ce ne sono tanti e sono anche molto personali.
I miei sono sempre tanti, molto personali e magari anche molto diversi dai tuoi, però averti qui mi fa pensare che succeda spesso a tanti, che succeda anche a te e che ti succeda per motivi diversi, ma ti succeda (anche quando non te ne accorgi).
A me è successo di dimenticarmi di respirare nel bel mezzo della carriera professionale, non so se l’ho mandata a ramengo decidendo di fermarmi, quando mi sono accorta che stavo trattenendo il respiro, ma almeno sto provando a salvare il salvabile, a livello di salute.
In questo mondo iper veloce qui però, capita di dimenticarsi di respirare anche prima di arrivare al bel mezzo della tua carriera: un po’ come è successo a Giorgia, che a ventisei anni, a distanza di un mese e mezzo dalla sua laurea in economia aziendale, si sente già in ritardo. ⏰
In effetti quando esci da quel percorso lineare, diritto e guidato dell’università e ti affacci al mondo del lavoro, dove devi farcela tu e andare con le tue gambe, da che parte si comincia? Quando hai tutte le possibilità davanti a te per diventare A, B, o C (D, E, o F) e puoi farlo da Milano, da Londra, da Barcellona, da Dubai, da Singapore (…) perché le porte aperte, le possibilità e le connessioni che abbiamo nel 2025 sono un lusso che ci possiamo permettere molto più facilmente della generazione precedente, se lo vogliamo fare, da che parte si comincia?
Mettici pure anche che magari sei anche volenteroso, curioso, che hai un minimo di interessi tuoi personali oltre agli studi, che se sei interessato al mondo, a scoprirti tu, a volerti conoscere, se quello che fai è bello ma non è mai abbastanza, se un po’ vuoi andare ma un po’ ti fa paura, insomma, che sei ricco così: è un attimo che ti blocchi. Di fronte a tutte queste mille possibilità in potenziale, ti blocchi e vedi tutte quelle possibilità come problemi.
Quindi? Da che parte si comincia?
Io non lo so. Non so come aiutare Giorgia, che qualche giorno fa mi ha scritto per chiedermi un consiglio.
Premessa: io Giorgia non la conosco, non so come mi abbia trovata e l’ho maleducatamente lasciata in attesa di risposta perché il suo messaggio su Instagram era finito tra quelle richieste che devi accettare e che non ho l’abitudine di controllare. Mi ha colto molto impreparata. Ho aperto il suo messaggio pensando fosse l’ennesima pubblicità e con il dito pronto a cancellarlo, e man mano che scorrevo le righe mi si è bloccato un po’ il respiro.
Come faccio ad aiutarla io? Come faccio a spiegarle io come si può iniziare? Da che parte si comincia? Iniziare a perderti? Iniziare a capire dove vuoi andare? Qual è la tua strada? Io che mi trovo nella sua stessa situazione, dieci anni dopo.
Come faccio ad aiutarla io?
Come faccio Giorgia ad aiutarti io a capire che se ti sei laureata da un mese e mezzo e non sei ancora assunta non stai perdendo tempo. Il tempo, quel concetto che sembra scorrere velocissimo e ci fa correre, ma che ci siamo inventati noi.
Come faccio Giorgia ad aiutarti io a fare quella scelta giusta, a decidere adesso quella cosa che poi non potrai più cambiare.
Io. Io che qualche mese fa chiedevo a chi la sua strada l’ha già trovata, come avesse fatto a riconoscere che era proprio quella e non un’altra. E che di fronte a quei “quando trovi il tuo, lo capisci, te ne rendi conto”, ho fatto una smorfia. Io che non scelgo, perché finché non scelgo posso ancora fare tutto, tenermi tutte le porte aperte.
Io che mi sono rivista in quella piccola Giorgia, persa in questo mondo di opportunità da cogliere al volo, ma che non sa dove cercare. Mi sono rivista in una Giorgia che adesso mette le basi per la sua carriera e che magari tra vent’anni dovrà ricominciare da zero. In lei che ha tantissima aspettativa per il mondo del lavoro che la attende e che magari la asfalterà (ecco no, questo non glielo posso dire). In lei che è pronta a fare stage non pagati e a farsi anche un po’ “sfruttare” perché “è giusto così”, “serve per crescere, formarsi personalmente e professionalmente, per formare il carattere, per diventare forte”. [Ma Giorgia ha bisogno di diventare forte? Ma perché abbiamo normalizzato questa cosa delle esperienze professionali non pagate e non volte all’inserimento? Questo però te lo dicono dopo, a fine esperienza non pagata]. Così ne fai subito un’altra, ne servono almeno due, poi arriva il contratto di apprendistato e ti fa illuminare gli occhi (dopo due esperienze non pagate, lo vedi come la gioia, con il senno di poi, diventa nervoso, misto a rabbia, misto a tantissime domande sul tuo valore, come persona soprattutto e a tantissimi dubbi, più esistenziali che meno, e a tantissimi pensieri storti, che hanno tutte le premesse per gettare solide basi per un mini burnout pochi anni dopo) — oltre al lancio di quel cuscino e a quel ballo rimuovi ansia, da fare nel bagno. Insomma, quante cose le vorrei dire, forse non gliele posso dire tutte. In un messaggio non ci stanno. Giorgia ma perché hai scritto proprio a me?
Alla fine l’ho chiamata. Non sapevo cosa dirle, ma l’ho chiamata per sapere come stava.
Le ho detto di partire dalle cose che le piace fare, di buttarsi, di sognare in grande e di non avere troppa fretta; le ho detto di permettersi di sbagliare, di cercare qualcosa fuori da casa, da Genova e dall’Italia, perché il nostro paese è bellissimo, ma forse adesso merita uscire un po’ e vedere il mondo? Le ho consigliato di guardare alle grandi aziende, alle StartUp più solide, a chi riesce ad offrirti posizioni di maggior valore, se può scegliere. Le ho detto di lanciarsi, di vivere la vita partendo dalle cose che ha ama da sempre, e di non rinunciarci; le ho detto che se sente quel desiderio di uscire di casa, da Genova e dall’Italia, lo vuole un po’ già fare e non le deve fare paura, che una volta fatto poi sarà contenta di averlo fatto e si chiederà perché non è andata a studiare fuori prima; le ho detto che una volta fatto si sentirà più forte e coraggiosa di come si sente ora. Le ho detto che ci saranno momenti più scoraggianti di altri, ma passeranno; le ho detto che uscire fa paura, ma ti fa anche bene; le ho detto di parlare con chi ha fatto di questa consulenza un lavoro, che offre questo supporto agli studenti professionalmente (forse le ho anche chiesto di passarmi il loro numero se le sono di aiuto). Le ho detto che non è in ritardo. Le ho detto di seguire il suo intuito e il suo tempo. Di fidarsi di ciò che le piace, di ascoltarsi ed essere pronta a cambiare tutto e ripartire da zero se non le dovesse piacere più. Di buttarsi, sempre e di vivere più che può. Di sognare tanto.
Quando ho chiuso la chiamata però avrei voluto non averle detto niente.
Perché alla fine queste cose qui un po’ le vivi e le scopri tu, sulla tua pelle. Se a vent’anni ti dicono di seguire le tue passioni e quello che ti piace (e forse a me in primis lo hanno detto), ma a te sembra che ti piaccia tutto, perché sei curioso e ricco di passioni e di interessi così, non avrei capito bene. Così come non capivo bene neanche qualche mese fa quel “quando trovi il tuo te ne rendi conto”.
Mi aiuti a rispondere a Giorgia?
Perché io sono un po’ come lei. Spesso mi blocco, non so scegliere, non respiro. Non scelgo, resto lì come Nemo in Mr. Nobody (che se non hai mai visto, merita — e non solo per Jared Leto), come quel bambino di nove anni che non sa se vuole andare con la mamma o con il papà e resta lì di fronte a quella decisione impossibile a chiedersi dove ciascuna scelta potrebbe condurlo, senza scegliere. Perché fare una scelta ne esclude altre due e preferisco anche io tenere aperte tutte le porte, nonostante me lo stiano dicendo in tanti e sempre di più che la mia strada la trovo chiudendo porte e non aprendone altre. Forse me l’hai detto anche tu.
Vorrei avere una pozione magica che mi dicesse cosa fare, che strada seguire e che mi aiutasse a suggerirlo anche a Giorgia.
Giorgia, se fossimo insieme a passeggiare per il mondo forse ti direi di farti un giro da Poetry Pharmacy, perché la riposta giusta per me e per te forse ce l’hanno lì.
Ma adesso sul serio, tu cosa diresti a Giorgia?
👩🏻⚖️ Un po’ di sana amministrazione
Sì lo so, una palla l’amministrazione, fatico anche io. Ma questa è sana, ed è per una giusta causa: mi serve un attimo a capire meglio cosa ti piace di più e come rendere questi tuoi dieci minuti lunghi, più belli.
Ha presente la NL scorsa?
Quella con il bonus 🔥 di letture e curiosità del mese? Ecco:
» In cui dirti per esempio che questa settimana ho scoperto cosa sono le stelle artificiali ✨ (Sì, nel mio essere contradditoria, parlo di pause lunghe, respiri lunghi lunghi e post lunghi, e poi però mi nutro di storie di CEO e personaggi di successo che non si sono ancora mai fermati in questa vita).
» Oppure che è tornato il Librintreccio! 😍 Un’iniziativa di quelle un po’ fuori dall’ordinario, che se ti piacciono le sorprese, i regali fatti a mano, se ti piace leggere e se hai voglia di un po’ di magia, ti piacerà: di base consiste nello scambiarsi un libro con uno sconosciuto, ma che ogni anno torna con qualche novità. Regalare libri è una cosa che faccio spesso anche io, anche a chi non me li chiede: se penso che quel libro potrebbe piacere, lo compro e glielo regalo. Ci sono libri che hanno attraversato l’Europa, l’Oceano o anche solo la mia strada di casa, eppure regalarli è sempre stato un glimmer con la G maiuscola.
Ma se quest’anno il Librintreccio lo facessimo tutti? Funziona così, guarda 👀
Insomma un po’ di tante e sole curiosità. Ti piacerebbe? Pensaci e poi fammi sapere.
🐢 First things first
Arriva qui, lento, lento, ma arriva, in coda alla newsletter di oggi che è un po’ tutta strana perché è nata da tanti incontri belli fatti settimana scorsa. (Davvero credevi mi fossi dimenticata di questo paragrafo? Non me n’ero dimenticata, anzi, ma questa mattina era già pronto il caffè). ☕️
Grazie che mi leggi, che ti dedichi questo testo lungo e che ti prendi il tuo spazio, il tuo tempo e il tuo respiro (lungo). 🙏🏻🤍
Grazie a te che dopo quella colazione bella insieme, ascoltandomi raccontare, hai deciso di iscriverti davvero e oggi ricevi la tua prima newsletter. ✨
Grazie soprattutto a te che un po’ senza saperlo e senza forse impegnarti troppo per farlo, riesci a ricordarmi quotidianamente l’importanza di colorare fuori dalle righe, mi insegni tu a trovare la magia nell’ordinarietà, a guardare le cose da un’altro punto di vista, a chiedermi cose che non mi sono mai chiesta e a darmi risposte che non mi sono mai data.
Un po’ proprio come succedeva con “Curious about Life”, il bisnonno di questo Substack, la cui sezione di About Us diceva:
"And above all, watch with glittering eyes the whole world around you because the greatest secrets are always hidden in the most unlikely places. Those who don't believe in magic will never find it". Roald Dahl
Rileggendola poco prima di aprire questo spazio, mi è piaciuta più di prima e l’ho tenuta, perché alla fine è davvero questo il senso con cui è nato tutto questo. E perché alla fine è davvero questo il senso con cui ha senso vivere anche i lunedì.
Chissà che perdendoci a guardare il mondo da un’altra prospettiva, non impariamo anche a respirare. Magari di lunedì?
📌 Post Scriptum
In questo periodo in cui il marketing nostalgico spopola e in cui la domenica sera si rientra in una Milano che è cambiata certo, è un po’ diversa ma è rimasto tutto quasi uguale, la colazione la rifacciamo in un posto che c’è da un po’, forse dal 2015, l’anno dell’EXPO, quando la città si preparava a cambiare e io finivo l’università.
Siamo da Otto, dove ogni tanto torno ancora: per un caffé, per scrivere, per lavorare, per scrivere e lavorare con un caffè. ☕️📚✍🏻




Otto è un po’ co-living, un po’ co-drinking e un po’ co-thinking. Un posto spazioso in cui staccare la spina, fare un respiro e ritrovare un po’ di pace interiore.
L’idea nasce da Roberto, Luca e Marco: tre amici che decidono di aprire “un bel posto a Milano” e che poi però ne sbagliano il civico, come sottolineano simpaticamente durante la loro presentazione. Nasce così Otto, in via Sarpi ma al civico 10 - questo è un pezzo del blog post uscito davvero in quel povero e decrepito blog, Curious about Life, che avevo una volta e che prima o poi (quest’anno però) devo aggiornare, sistemare e fargli un bel extreme make over. Ma non so da che parte partire.
Come si può iniziare?
Respira: è lunedì!
xx, Marta
Leggendo la NL vengo a sapere un po’ più di te 😍