#2 | La newsletter del lunedì
Di quell'ultima volta in cui ho fatto qualcosa per la prima volta e delle sue benefiche e inaspettate conseguenze.
[First things first: adoro che tu abbia aperto questa newsletter e voglia dedicarti questo momento. Prova a farlo diventare il tuo vizio! E poi ringraziati, te lo devi 🙏🏼🤍🫠 ].
Ecco a te 4262 parole, da leggere in 17:03 minuti.
✋🏻 Sì, lo so!
Ti devo raccontare di quell’ultima volta in cui ho fatto qualcosa per la prima volta (anticipata qui). Ma tu nel frattempo hai pensato alla tua? Dai, parliamo un po’, io posso continuare le mie riflessioni dopo. Come stai vivendo questi lunedì? Riesci a volerti bene? A dedicarti il tuo spazio? Cosa hai aggiunto alla tua routine lunedinese (ammesso che questo nuovo aggettivo esista) per lasciare che questa giornata sappia un po’ più di sabato? Raccontamelo rispondendo a questa mail se ti va. Ti leggo volentieri. 💌
Nel caso in cui i tuoi lunedì non sapessero ancora di sabato (che poi se mi stai leggendo ti stai già dedicando del tempo, quindi sei sulla strada giusta) non ti preoccupare: questa è una cosa che devi fare solo se e quando vuoi, arriverà quando si è pronti, apprezza già l’aver preso consapevolezza di questo tuo bisogno.
Sarò molto onesta: non mi aspettavo nulla da questa iniziativa. Il mio scrivere è in primis il tempo che dedico io a me stessa, lo sai anche tu. Mi calma e snoda qualche nodo. Eppure, il lunedì post invio di queste newsletter sta diventando davvero il mio giorno preferito perché si è fatto ricco di scambi preziosi. Non vedo l’ora di far partire questa mail, per poi attendere il suo effetto su di te. E la scorsa settimana di parole dolci post invio ne sono arrivate tante, di audio dolci ancora di più e con loro anche tante vulnerabilità: è incredibilmente bello perché mi ha permesso di ritrovare anime che non sentivo da tempo, che conoscevo senza davvero conoscerle, di lunedì in lunedì ne sto incontrando di nuove e ogni volta mi vengono brividi di felicità.
Mi piace tantissimo immaginare l’arrivo di questo articolo in 79 caselle di posta diverse (sì, siete 79 animelle), in almeno 4 stati del mondo; pensare che si aprono da un aeroporto nell’attesa di prendere un volo, da una casa che sa di primi abbracci e giorni di vita, da un ufficio incasinatissimo dove a tratti si finge di lavorare, da un autobus che costeggia il mare al mattino, da un emisfero remoto e distante dove in effetti è già martedì, da quella comoda poltrona nel salotto di casa mia… grazie 🙏
🎧 Questa te la meriti tutta: chiudi gli occhi, pensa a una cosa bella (pensala intensamente però, perché la canzone dura solo 0:59 secondi) e annotala da qualche parte. Potrai tornare a leggerla quando ne avrai bisogno.
🔥 Dai vamos, te la racconto
E ti anticipo che questa è una di quelle occasioni perfette per i tuoi caffè più lunghi ☕️
Qualche anno fa girava un aneddoto strano, probabilmente una leggenda metropolitana, che raccontava di un ragazzo piuttosto spavaldo che consegnava il proprio tema in bianco, pochi minuti dopo l’annuncio dell’argomento da svolgere: “Il coraggio”. Consegnava dicendo: “Questo per me è il coraggio”. Probabilmente io non l’avrei mai fatto, tu? Però mi sono spesso interrogata sul come avrei potuto sviluppare quel tema e ho cambiato le mie risposte man mano che diventavo grande — perché sì, è una domanda mi faccio spesso.
Siamo arrivati a oggi: oggi se me lo dovessi chiedere, ti direi che il coraggio per me è fermarsi. Quanto coraggio ci vuole per fermarsi?
Ti racconto questo aneddoto perché quell’ultima volta in cui ho fatto una cosa per la prima volta è quando mi sono fermata.
🙅🏻♀️ La mia ultima volta #1 in cui ho fatto qualcosa per la prima volta
🎧 Ti consiglio di leggere ascoltando questa canzone nonostante il titolo contraddittorio, perché quel fermarmi mi ha portato lontano:
Sono le 8:30 del mattino di un caldo lunedì di metà giugno (sì, era proprio lunedì anime belle) e come ogni lunedì della mia vita precedente (quella mia vita pre burnout) mi sto dirigendo in ufficio per affrontare svogliatamente l’ennesima settimana eterna: velocissima e lentissima nello stesso tempo. Veloce, perché piena di appuntamenti e incontri back-to-back che si susseguivano senza pause o respiri. Lenta, perché io la vivevo senza viverla, come se stessi sott’acqua - hai presente quando ti si annebbia la mente, ti si ovatta l’udito, ti si blocca il respiro? Ecco.
Da qualche tempo avevo capito che non mi piacevo, non mi piaceva quella vita, non mi meritavo quella situazione di continue incomprensioni, scontri silenziosi, non detti, detti e non capiti, parole di disappunto e poca considerazione in ufficio, dove non c’era più speranza per stare bene e benedivo forse che mi mandassero via. A volte speravo davvero lo facessero loro perché
non avevopensavo di non avere l’energia e il coraggio per farlo io, per decidere io per me. Resistevo, convinta che prima o poi sarebbe andata meglio. Resistevo perché prima di cambiare qualche cosa nella mia vita, cerco di mettermi in discussione il più possibile, giustifico tutto e tutti, analizzo e rianalizzo il tutto, finché diventa troppo tardi.SonoEro fatta così.
Mi permetto di prendere in prestito le parole di Gio Evans per spiegartelo meglio [sfoglia tutto il suo post, è fatto di 6 slides e la parte più bella è alla fine]:
Dicevamo: mentre mi perdevo nel valutare il tutto e mi auto-convincevo che prima o poi quel momento sarebbe passato, quel cambiamento che aspettavo non avveniva, quel miglioramento neanche. Ero piena. Sapevo di non avere più fiducia in me stessa come avevo prima, ma sapevo anche di non meritarmi quelle condizioni che mi facevano sentire piccola, minuscola dentro a continue incertezze, spesso umiliata; quelle condizioni che mi impedivano di far valere il mio punto di vista; sapevo di non volere più per me quel costante ripetersi di situazioni spiacevoli e prive di soluzione, quel rimanere per comodità in una situazione che non condividevo ma conoscevo alla perfezione, e che per questo era, nel suo piccolo, una conosciuta certezza (un po’ come quando sai che è finito un amore e ti sforzi di volerlo fare andare avanti; quando non sei in grado di recuperare nulla di quello che avevi prima, eppure resti). Quella costante nausea.
Ti mostro un’esempio il più possibile veritiero, di come vedevo il mondo il quel periodo:
No, non era la prima volta che mi capitava di avere quel tipo di disturbo alla vista, penso mi succedesse da quando avevo 14 anni circa (alle mie compagne era venuto il ciclo, a me questo 🥲). Si tratta di disturbi legati all’ 🔎 emicrania con aura, che si manifesta con una serie di sintomi tipo:
visione di lampi (fotopsia), scotomi scintillanti, deformazioni degli oggetti, oscuramento di metà campo visivo (emianopsia), ma anche addormentamento del braccio e della gamba (parestesia), disturbi della parola di tipo afasico (se la cefalea è localizzata a sinistra).
"Sintomi tipo” oppure anche tutti, dipende dalle volte.
Alla cessazione dei sintomi che costituiscono l’aura inizia l’emicrania, che si accompagna generalmente a nausea, vomito, fotofobia, fonofobia e osmofobia.
Quindi non era la prima volta che mi capitava, vero. Solo che in quel periodo mi stavano venendo ogni giorno. Prima di allora, l’ultima botta l’avevo avuta a maggio 2022, leggera e senza impegno; poi eccola che ricompare per farmi compagnia proprio l’ultimo giorno di Islanda, durante la gita alla Blue Lagoon: era il 16 aprile 2023, un anno dopo l’ultima volta praticamente (e di lunedì!! giuro che non ci credo neanche io). Da lì a giugno non si erano poi più fermate: a volte ne avevo anche due al giorno consecutive, a distanza di poche ore; a volte compariva solo l’aura (ormai ribattezzata amica Laura vista la frequenza con cui veniva a trovarmi) senza che mi scoppiasse la testa. Ho smesso di annotarle e di annotarne i sintomi (un consiglio che ti dicono di fare se ne soffri). Ho smesso di accorgermi di averle.
La notte prima di quel lunedì, come di quel weekend, di quell’ultima settimana, mese, semestre, mi ero addormentata tardissimo e a fatica nonostante la stanchezza, ed ero stata svegliata di soprassalto più volte dall’impressione di cadere. Hai presente quella sensazione di vuoto che provi mentre dormi? Quando ti scuoti perché ti si contraggono i muscoli per un attimo? Ecco così. Uno 🔎 spasmo ipnico, una cosa normalissima per la mia me della vita precedente, che però ora mentre scrivo effettivamente mi rendo conto di non provare da un po’.
Mi sono anche documentata, gente:
🔎 Dal punto di vista scientifico, quest’impressione viene definita spasmo ipnico ed è una lieve contrazione involontaria dei muscoli di tutto il corpo, in particolare della muscolatura di braccia e gambe. Può interferire con il nostro sonno nella fase di addormentamento e, usualmente, si presenta con una maggiore frequenza quando si attraversano dei periodi ricchi di stress, ansia o si eccede con la caffeina.
Si presenta con una maggiore frequenza quando si attraversano dei periodi ricchi di stress, ansia o si eccede con la caffeina.
Si presenta con una maggiore frequenza quando si attraversano dei periodi ricchi di stress, ansia o si eccede con la caffeina.
Si presenta con una maggiore frequenza quando si attraversano dei periodi ricchi di stress, ansia o si eccede con la caffeina.
No, non è un errore di ripetizione, vorrei farti notare come io fossi incapace davvero di vedere quelle red flag (o red carpet oserei dire) 🚩
In quel mattino di un caldo lunedì di metà giugno, arrivo in ufficio pronta per il mio primo 1:1 della settimana ed ecco che proprio in quella prima conversazione delle 09:00 salta tutto 💣 Un confronto di pochi minuti e molto maturo in un ufficio con Alice, che mi conosceva da tempo (qui si parla del liceo, signori 👶🏻) e che mi conosceva abbastanza bene da avere la sensibilità giusta per accorgersi, forse prima di me, che io non ero più io. Un confronto di pochi minuti, iniziato con un “Allora, come va?” accompagnato però da uno sguardo piatto che racchiudeva quel mix di “mi spiace” (per questa situazione, per il periodo, per tutto), “non so come aiutarti”, “io se fossi in te metterei un punto”. Un confronto che mi ricordo ancora a memoria, e che ha effettivamente coperto poi anche tutte queste frasi. Una sua domanda scomoda e stop: avevo appena rinunciato a tutto quello che avevo, quel lavoro a Milano a tempo indeterminato con dei colleghi super e in una bella azienda, solida, forte e internazionale con un buono stipendio, menzionato anche lunedì scorso. Quello.
👨🏻⚖️ Precisazione: i colleghi erano super e lo sono tutt’ora, anzi alcuni di loro si sono trasformati in migliori amici. Te lo ribadisco: se qualcuno deve rimanere nella tua vita, ci resta, non ti devi sforzare di tenerlo dentro. Così è stato con loro (e a dirla tutta si è poi creata una strana dinamica per la quale si sentono di raccontarmi i loro eventuali problemi in ufficio, o il loro voler cambiare lavoro ancora prima di dirlo al team - è successo anche venerdì scorso per dire 🤐).
Bene: quel giorno per la prima volta, facevo il mio salto triplo carpiato nel vuoto, così, a mente libera. E quel giorno per la prima volta non avevo paura di farlo. Mi sentivo serena e leggerissima (non solo perché nel frattempo avevo perso 7 chili), con gli occhi lucidi di gioia, voglia di vivere e liberazione.
In realtà la paura c’era eccome. Ma era una paura adrenalinica, bella, positiva e da pelle d’oca.
Alice aveva ragione, senza accorgermene avevo completamente perso me stessa (cioè, non proprio “senza accorgermene”, perché sai anche tu che c’era di mezzo quella famosa cascata segreta ✨ già citata almeno in tre newsletter precedenti, quel ghiacciaio immenso da calpestare 🧗🏻, quella laguna gelida da ammirare in silenzio 🧘🏻♀️, quella strada vuota da percorrere per ore 🕺🏻. Però ecco, mamma Islanda era stata una vera e propria doccia fredda e aveva innescato per prima nella mia mente quelle mille domande che non mi ero mai fatta (tra le più assordanti anche quella famosa quand’è stata l’ultima volta in cui hai fatto qualcosa per la prima volta). Poi mi ha lasciato lì, non mi ha dato nessuna risposta, mi ha solo fornito tutte le domande per farmi capire che non ero al posto giusto - e quella di Alice si era appena aggiunta alle altre. [Ci siamo quasi dai, a breve arriva anche lo scontro con la cascata 🙌🏻].
L’uscita da quella meeting room in silenzio, ma con delle urla dentro. L’aggiornamento al resto del team per ufficializzare il tutto, il giorno dopo ed ero libera. Libera. Ricordo che post meeting si è creato un gruppo di ascolto del tipo “ma mi spieghi come faccio per farlo anche io?”. Io non lo so come ho fatto. Sicuramente non avevo più niente da perdere, ma una vita da riguadagnarmi.
🕡 Eravamo a giugno, ti dicevo
E mentre io ero persa nella mia testa a chiedermi il senso di quella vita, le riflessioni di Luna e Bianca Maria in Troppo Poco vertevano sul “coraggio di lasciare il proprio lavoro” (qui altro che segnali!):
Ricordo di aver risposto alla loro ChiaraMente newsletter dicendo che lo avevo appena fatto. Con loro, scoprivo anche che la parola “coraggio”, deriva da “cuore”.
Coraggio [co-ràg-gio]
SIGNIFICATO Forza morale che permette di affrontare situazioni difficili
ETIMOLOGIA dal provenzale: corage, derivato dal latino: cor cuore.
Si tratta di una virtù ampia, come dichiara l’origine forte e generica che la lega al cuore. Il coraggio è il prestare l’ampiezza del petto all’incerto, al pericolo, al dolore - la disposizione salda al sacrificio. Noi, dal canto nostro, soffriamo di un coraggio che è inestricabilmente legato ad una sfera cavalleresca, militaresca, ad un paradigma di violenza - l’accettazione del mettere a repentaglio la propria incolumità fisica nello scontro. Ma il coraggio è ben lontano dalla stupidità che spesso governa simili sfere: il coraggio dialoga con la paura - paura che può essere saggia cifra di buona intellezione. Infatti il coraggio si distanzia dal temerario, l’audace senza accortezza. Come bene sintetizza una celebre frase attribuita ad Ambrose Redmoon, il coraggio non è l’assenza di paura, ma piuttosto il giudizio che c’è qualcosa di più importante della paura. Diventa l’intervento umano che supera l’istinto, vessillo vero di sentimenti, di principi - bandiera del vero uomo al di là, e con respiro più ampio, rispetto alla semplice lotta, motore responsabile che intimorito non cede al timore perché qualcosa di luminoso, di sacro, di giusto lo chiede, da dentro di lui.
E oggi riascoltandole e riavvolgendo un po’ il nastro di questa vita per renderla un po’ più sensata e leggibile, per quanto sia difficile il tutto, mi rendo conto di essere stata coraggiosa. Molto più coraggiosa di quando io abbia mai pensato di me stessa.
📑 Long story (not so) short, e non ancora finita
Ebbene: a giugno 2023 per la prima volta, ho deciso di togliermi una delle tante maschere che senza accorgermi stavo indossando da tempo. Questa forse era la maschera da ragazza che fa quello che ci si aspetta, che deve piacere un po’ a tutti. Me la toglievo scegliendo me stessa a una condizione che non faceva per me.
Quell’ultima volta #1 (insieme alla #2 che seguirà a stretto giro) è stata una delle cose di cui più mi sento orgogliosa, fiera, che mi ha fatto sentire forte e sicura di me stessa: coraggiosa. La sensazione che ne è derivata è anche stata una delle sensazioni più intense della vita, che mi ha portato per un po’ a sorridere costantemente in grande (tipo come il primo giorno in cui togli l’apparecchio e vuoi farlo sapere a tutti, anche a chi non conosci). Quella volta sono riuscita a fidarmi di me stessa e mi sono fermata.
Qualche settimana dopo con un post su LinkedIn annunciavo il tutto e in pochi giorni quel post aveva raggiunto quasi 29K visualizzazioni, 270 likes, 3 condivisioni e 12 commenti. E parliamone, non sono numeri che io personalmente ho mai visto nel mio profilo personale, in cui tra l’altro non ho mai pubblicato molto. Diceva più o meno così:
Quell’ultima volta #1 mi ha regalato parole di ammirazione e complimenti, abbracci e pacche sulla schiena che mi hanno fatto pensare che forse non ero da sola. C’è chi mi ha capita subito e mi ha sostenuta in questa decisione, ma c’è anche chi ancora adesso è titubante sul mio cambio vita, è preoccupato e non la capisce. Non l’avrebbe mai fatto forse. E va bene così. C’è chi mi ha supportata ancora prima che prendessi questa decisione e anche a chilometri di distanza, c’è chi mi ha ammirata da molto più vicino, chi mi ha copiato, chi ha trovato in questo la forza per farlo a sua volta, chi si è disperato e si è sentito colpevole della mia infelicità, chi ha pensato di aver sbagliato tutto per me e con me. Tante di queste sono persone vicine, vicinissime, e proprio per questo non è stato facile fare finta di niente, un po’ ti condizionano. Ho scelto di non raccontarlo alla mia famiglia se non a decisione presa per esempio, perché sapevo non sarebbe stato semplice per loro da accettare.
Eppure io ero felice, e ricordo che per una volta nella vita non mi interessava nulla di quello che stavano pensando di me gli altri.
E sai una cosa? Oggi ancora di più mi rendo conto di quanto sia importante piacere a se stessi. Spesso facciamo le cose per piacere agli altri: ai genitori, agli amici, ai fidanzati, ai nonni, ai colleghi, ai capi, alla società, senza accorgerci che per piacere a tutte queste altre persone qui, finiamo per non piacere più a noi stessi. Noi, che siamo le uniche persone alle quali dover portare rispetto, voler bene, rivolgere parole gentili. Noi, che siamo le uniche persone da rispettare, amare e che saranno con noi per sempre.
Ce lo diceva già 2 anni fa Taylor Swift e probabilmente lo starà ribadendo anche in questi giorni nel suo “The Eras Tour” in Australia, ma io ci sono arrivata solo adesso.
🎙️ Dal frame 1:00:50 per ascoltarla (non ho trovato il video singolo #sorryiamnotsorry 🪩)
👀 Ecco, intanto gli amici di Outpump così:
Ma sono solo io? Non capisco so se mi stia succedendo quello strano fenomeno del “compro una macchina rossa e le vedo tutte rosse” o se davvero stiamo diventando così tanti.
In effetti qualche anno fa era capitato anche a Simone Biles alle olimpiadi di Tokyo. Era il 2021, all’epoca seguivo un progetto di lifestyle dove le storie sulle donne e sulla salute mentale facevano da traino alle best performance (un po’ assurdo che mi dedicassi a scrivere quei contenuti senza metterli mai in pratica, o forse ero solo molto innamorata).
È incredibile (lo è?!), ma riconoscere e accettare le proprie emozioni e ammettere le proprie fragilità sta diventando normale. Questo mi fa pensare che forse davvero:
non sono l’unica
le persone che ne soffrono sono molte di più di quelle che pensiamo
quelle persone
fragilicoraggiose potrebbero essere molto vicine a te
🙌🏻 Questa settimana mi sono documentata
In preparazione di questa newsletter, e ho scoperto che 1 giovane su 2 lascia il lavoro per motivi legati al malessere psicologico. Quindi no, non siamo pochi. Magari però non siamo in tanti a sentire di poterlo raccontare con normalità, a non vergognarci di essere sensibili, ad aver capito che si può anche fallire nella vita, crollare e cadere a pezzi per ripartire.
Te lo dico con una quote bella (anche graficamente):
Detto questo, è spesso difficile anche per me ammettere che non posso fare le cose perché ho bisogno di recuperare forze ed energia. Credo che a tratti sia dovuto al fatto che non voglio mostrare totalmente la mia debolezza: una parte di me crede ancora di valere solo nella miglior versione di se stessa e non vuole che si pensi che ci sia qualcosa di sbagliato in me se mi sento stanca, affaticata, esausta o esaurita. Ma sto lavorando su quella parte: iniziare ad accettarla me l’ha insegnato Bali (🤫 next next next).
Ora annotati questo:
Se senti di non farcela più, non è perché sei debole, è perché sei stato troppo forte per troppo tempo.
Lo dice Jani konjedic, profilo Substack che ho scoperto leggendo qualche cosa di settore e che sa parlare di #burnout e simili in maniera molto più approfondita e precisa rispetto a quanto potrei fare io. A me la sua quote piace.
Mi fa sorridere perché è davvero una quote che ultimamente mi sono trovata a condividere spesso. L’ultima volta è capitato con un amico che si è trasferito in Australia da tre mesi (ecco perché sapevo di Taylor Swift 🎪): anche per lui il 2023 è stato intenso, l’ha cotto, fuso, bloccato nel vero senso della parola; anche lui ha sentito di non farcela più e per ritrovarsi ha scelto di cambiare continente, emisfero, aria, vita. Anche lui ha sentito di non farcela più perché è stato troppo forte, per troppo tempo. Ci siamo confrontati spesso, forse più adesso che nel bel mezzo di quelle bufere. L’ho sentito anche venerdì e non si è ancora ritrovato. Ma sono sicura che ci arriverà. Nel frattempo, sentirlo però mi ha fatto capire che davvero il coraggio di questi tempi è l’essere fragili.
🫖 Pausa refill caffè + quiz
In effetti, ci ho ragionato raccontandoti di lui e pensando a quante altre riflessioni belle potrebbero venire fuori unendo i nostri disagi (soprattutto quelli superati):
🥹 Morale della favola
Quindi hai capito anche tu. Non è che quel giorno mi sono svegliata è ho dato le dimissioni.
» Mi scervellavo da mesi, faticavo a dormire pur essendo perennemente stanca (o forse per quello), cercavo di scacciare pensieri scomodi e a far finta che non esistessero. Loro invece ripetutamente e imperterriti tornavano esplodendo sotto forma di crisi di emicrania da perderci la vista. Avevo paura del buio e di un’infinità di altre cose che di solito non ho mai considerato, avevo paura anche che alle persone accanto a me capitasse qualcosa di bruttissimo; mi guardavo allo specchio e vedevo una persona vuota (un po’ di tutto quello che ti racconto qui); mi sentivo in colpa per non essere stata pronta a prendere quel volo per l’Australia che mi avrebbe cambiato la vita (questa è un’altra storia ancora 🙅🏻♀️), più ci pensavo e più entravo in un flusso di emozioni negative brutte; non mangiavo e non avevo fame; trattenevo il respiro ritrovandomi spesso in apnea; avevo dentro un caos; mi sentivo imprigionata in una situazione che mi ero creata io e da cui non sapevo come uscire.
» Ogni tanto una boccata d’aria o una luce che si intravedeva dalle crepe di un muro (come quel faccia a faccia con la natura incontaminata e silenziosissima che ti fa mille domande al secondo, e non ti offre manco una risposta + gli incontri con anime molto affini alla mia girovagando in lungo e in largo per la Ring Road + il vento in faccia + una canzone che ti parla dentro = insomma siamo sempre in Islanda 🫶🏻).
» E poi quella sensazione di libertà, zero eventi a calendario e un’insaziabile serenità, mista a vuoto, mista ad essere contenta di essermi fermata, mista a tantissimi pianti di gioia-spurgo-dolore-paura che si sono prolungati per lunghissimi mesi, anche e soprattutto quando meno me lo aspettavo (ex: tipo camminando per la strada sotto il sole di Bali).
Quindi sì, mi sono fermata.
Mi sono dedicata il tempo che non mi sono mai dedicata prima.
Mi sono fatta tanti regali.
Mi sono voluta bene, coccolata, abbracciata.
Quindi sì, mi sono fermata e sono ripartita.
Ma questo ve lo racconto nel prossimo post ⏭️
📌 Post Scriptum
Questo post ne ha vinti 3, let’s go!
1. Oggi ti scrivo da casa, la cucina profuma di cioccolato perché ho appena fatto i biscotti 🍪
Ma tu lo sai che si possono anche fare i biscotti di lunedì? 🎧 La playlist da ascoltare nel frattempo è sempre lei, arricchita anche questa settimana con note dolci:
👉🏻 Trovi la ricetta dei Cookies del Lunedì qui 👈🏻 è un po’ rustica, facile ed è stata collaudata dalla mamma, quindi puoi fidarti!👩🏻🍳📖 Le ho solo cambiato nome.

Bevo il caffè nella mia tazza preferita, quella che sa di casa e che è un po’ solo mia anche se non ha il mio nome sopra ☺️ Scommetto che ne hai una anche tu così. I biscotti fanno il resto, rendendo dolce e poetico questo lunedì. Forse la mia colazione preferita oggi è davvero quella home-made in veranda al sole.
2. Sì, la Blue Lagoon menzionata qualche paragrafo più in alto è proprio quella islandese 🩵
Un posto molto turistico, ammetto, in cui però mi ero promessa di tornare visto che ne ho frequentato solo l’infermeria. Un posto che probabilmente non vedrò mai più vista l’attuale attività dei vulcani islandesi. Un posto che un po’ mi è rimasto nel cuore.
Un posto che è tornato anche qualche giorno fa nello scatto di Bjiörg e il suo bimbo, ripresi da 📌Juergen Turrel nella mostra in “i need to live” allestita in Triennale, a Milano fino al 1 aprile (vedila, merita). Perché alla fine l’Islanda ti trova anche quando e dove meno te lo aspetti.
3. Simone Biles ha sconfitto i demoni di Tokyo ed è tornata a vincere 💪🏻
Ho approfittato per documentarmi un attimo a riguardo e ho scoperto questo articolo. Lei ce l’ha fatta. Io mi sento sulla strada giusta per farlo. E sempre io vorrei avere in qualche modo la possibilità di dire a Sangiovanni e al mio amico Matteo in Australia che ce la faranno anche loro.
Fine, per adesso. Mi sa che ti si è raffreddato il caffè. È stato un racconto un po’ denso-intenso e preferisco tenermi l’ultima volta #2 per il prossimo post ⏭️. Contenta come sempre che tu mi abbia letto fino a qui e che abbia voglia di fare questa avventura assieme.
E che anche oggi il tuo lunedì sappia di sabato ✨
A lunedì, Marta
Grazie per la menzione Marta! Sono grato che hai trovato la quote e la newsletter utile. Anche per me e' una della quote alla quale torno spesso :)