#34 | La Newsletter del Lunedì
Di fiducia, di come la vita accada da sola, di come sia meglio arrendersi e non provare a fermarla perché il suo disegno è più bello.
Che ore sono? È ancora notte, probabilmente ancora troppo presto per svegliarsi. Ma che giorno è? Febbraio [sì, Giuli, se sono tornata significa che è già metà febbraio, incredibilmente], ma che giorno di febbraio? Deve essere ancora molto presto perché la tua camera è buia, di quel buio che sa di troppo presto per svegliarsi, lo leggi nel buio della stanza di casa. Casa è anche questo: sapersi orientare al buio e senza orologio. Cerchi il cellulare a tastoni in quel buio, lo trovi appoggiato a quella sfilza di libri iniziati e non finiti, con angoli di pagine piegate per ricordarti i paragrafi da rileggere, mixati ai nuovi e mai aperti accumulati sul comodino. Sfiorandolo, la luce dello schermo ti abbaglia anche se è comunque al minimo, strizzi gli occhi in quel buio pesto e scopri che sono le 4. Mannaggia al fuso. È il fuso? O è il fuso misto a tutti quei pensieri lì, quelli che se non avessi viaggiato su un volo intercontinentale ti avrebbero comunque svegliato alle 4, quelli che se non ci fosse questa newsletter qui metteresti sotto al tappeto, quelli che a volte (queste volte qui per esempio) ti svegliano alle 4. Ti giri dall’altro lato, ma non riesci più a dormire. Riaccendi maledettamente quel cellulare, sapendo che quella luce blu e quello scrolling di sicuro non ti aiuteranno a riprendere sonno, eppure lo fai lo stesso perché è più facile che accendere la luce e leggere; lasci che le storie degli altri scorrano in modalità silenziosa, anche se non hai nessuno da svegliare; lo vincerà Fedez questo Sanremo? Continui a scorrere la miriade di meme che un po’ non capisci perché quest’anno Sanremo non l’hai seguito tanto e un po’ ti fanno ridere lo stesso, salvi l’ultimo post di Marie Claire Italia che si interroga su cosa fare dell’amore, poi quell’illustrazione di Elsa Gladstone perché la vorresti saper fare tu, salvi la canzone di quel reel super emozionante che il tuo algoritmo ti propone (ma come si fanno a fare i reel? ma poi tu, algoritmo, come lo sai che mi sarebbe piaciuto vedere quel risveglio in van con vista sul mare?), ti dici di essere nata troppo presto per saper fare quei reel belli così, quelli che ti parlano; ha aperto un nuovo locale a Milano, che strano pensavi di averlo già salvato (ma forse sono solo tutti molto simili ultimamente?), continui a scrollare in maniera automatica, non curante di quel pallino rosso che ti segnala qualche notifica e allontanandoti mentalmente da quello schermo che nel buio delle ore del mattino ti illumina il viso, pensi alla tua attuale vita, a quel puzzle grande che è la tua vita adesso e ti chiedi da che parte si ricomincia a mettere insieme i pezzi, vorresti riprendere sonno, dormire almeno fino alle 7, non pensare a niente. Lasci che il telefono si nasconda sotto al cuscino, ti giri e osservi il soffitto al buio, senti il caldo di una lacrima pizzicarti il viso e non sai se inquadrarla nella gioia o nella tristezza di essere a casa; un po’ ridi (ok, allora era di gioia per aver fatto davvero quel viaggio). Metti un piede fuori dal piumone, lo appoggi in terra sul pavimento gelido (però che gioia poter camminare a piedi scalzi fino al bagno senza paura di calpestare un serpente). Nel riflesso dello specchio nella penombra del bagno scorgi il tuo viso gonfio di sonno e stropicciato, ti chiedi che effetto potranno avere quelle ore in meno di sonno nel tuo metabolismo, sulla pelle, sulla ritenzione idrica e sul modo in cui riposi (vorresti un AppleWatch con le risposta a tutte queste domande). Fai la pipì, senza accendere la luce torni tra quelle coperte ancora tiepide, profumate e che sanno così tanto di casa, vorresti dormire ancora un po’, abbracci il cuscino, pieghi una gamba per recuperare la tua posizione preferita, chiudi gli occhi strizzandoli, come se servisse a far tornare il sonno, ma i tuoi piedi sono gelidi, ti è uscita la maglia dai pantaloni e senti il freddo sulla schiena, lo schermo sul tuo cellulare si è illuminato, allora accendi la luce e scrivi.
🙏🏻 First things first*
Siete tutti sparsi in giro per il mondo, sempre di più e sempre più lontano, vivete in stagioni e fusi orari diversi dal mio e poi però ci ritroviamo tutti insieme qui, nello stesso posto, per lo stesso motivo: riconoscerlo è la mia cosa preferita. Mentre lo scrivo, la mia mente elabora un’immagine tenerissima in cui siamo tutti attorno a un tavolo, è uno di uno di quei pranzi di famiglia un po’ lunghi e un po’ pesanti a tratti - non solo causa lasagne - che accadono una o due volte l’anno, di solito a casa della nonna, che ti fanno sbuffare anticipando le domande senza risposta che ti verranno poste e che però ti fanno tornare da quel posto lontano e in giro per il mondo in cui siete ora.
Come di consueto, grazie che leggendomi da lì dove siete voi ampliate la mia comfort zone e mi fate viaggiare a piedi il mondo (ditemi che conoscete questa canzone 🎶) ancora; un mondo che ultimamente si è fatto più piccolo, o più grande? Dipende forse dai punti di vista e dai giorni — dovrei suggerire a Substack di modificare le impostazioni delle uscite dei post schedulati, per farveli ricevere alle 10:00 del vostro lunedì, da lì dove siete voi, se no succede che questa newsletter la mando io alle 10:00 da qui, ma è ormai già sera inoltrata in Australia, tardo pomeriggio negli Emirati Arabi, sono le 18:00 a Tokyo, le 21:00 a Reykjavík e alla fine le 10:00 solo a Milano (oppure no, non dico nulla a Substack e lascio che davvero sia una metafora così ancora di più). Il mio mondo, quello fatto di tutti voi che lo ampliate, oggi sta a stento in una piatta schermata del cellulare; il mio cuore oggi è frammentato tra cuoricini sospesi e divisi da rotte aeree intercontinentali e lunghissime, un po’ così.
Ma sono contenta di sapere che ogni volta che voglio, vi ritrovo tutti assieme qui, come se fosse l’invito per quel pranzo della domenica quella colazione del lunedì in famiglia. 🍝
People are poetry. Or rather, poetry is people. And sometimes I'm sad or mad or tired or annoyed, but I love you I love you I love you I love you.
Davvero, tanto. Ho appena letto questa frase, mi ha fatto pensare a voi e probabilmente la sceglierei se dovessi dirvi come mi sento.
E noi quando facciamo colazione assieme? 🥐☕️
Mentre tu controlli il tuo calendario di impegni e call già fissate e io rielaboro un po’ di emozioni derivanti da queste lunghe rotte oltreoceano, in arrivo le tue 4598 parole di oggi, da leggere in 18:23 minuti, da dove sei tu. 🌍 Me lo dici dove sei tu?
» Il motivo per non cambiare lavoro menzionato settimana scorsa è in fondo ➡️.
*un First Things First che si è trasformato in un paragrafo, perché è inutile far finta che non sia così: di lunedì in lunedì questi First Things First si erano sempre più lunghi, al punto da meritarsi una sezione ad hoc. Ci piace? Sì dai, oggi mi rispondo da sola, ci piace!
🏳️ Tu lasciala fare
Alza le braccia, esponi la tua bandiera bianca e arrenditi: alla vita. Lascia che accada, che faccia il suo corso in salita e poi in discesa, per risalire a fatica e poi riscendere ancora, lascia che sia creativa, che ti sorprenda. Don’t try to fix it.
No, non provare ad aggiustare quel dettaglio lì che non avevi previsto, quella giornata che avevi immaginato diversamente da così. Lascia andare tutto quello che non puoi controllare, non aggrapparti al dolore, alla rabbia o alla nostalgia, perché non faranno altro che diventare fonte di sofferenza, a tratti terribile e gratuita, capace (e in questo bravissima) di rovinare davvero la tua vita e quella di chi ti sta attorno. Lascia andare e lasciala fare: la vita.
Aspetta, aspetta: qui non intendo dirti di chiuderti a riccio, di evitare di provare emozioni [no Elena! Non scappare!], di dispiacerti, di arrabbiarti, di disperarti di fronte a quella cosa che non va come pensavi tu, quella perdita, quel plot twist non necessario, non voluto, non desiderato in questo momento di vita. Questo no. Piuttosto prova ad accettare che sia andata così, che non puoi cambiare nulla di tutti quei dettagli lì che avevi previsto diversi, accetta che tutto cambi così in fretta e che la vita sia davvero così volubile, accetta di non poter fare (più) nulla tu se non, appunto, lasciare andare.
Spoiler: prima lo capisci e lo accetti un po’, prima inizi a vivere meglio. Molto meglio. È qui che inizia la serenità (?). Domanda aperta per permetterti di provarlo tu, sulla tua pelle.
Lascia che decida lei, lasciala fare: la vita.
Sì, hai ragione. Non è facile come sembra (non l’ho mai detto neanche io). Però provaci una volta sola. Ci provi?
Ok va bene, ci sta darle qualche spintarella qua e là, indirizzarla con qualche sì e qualche no, ma non resisterle, non arrabbiarti, non prendertela se non va come ti sei già immaginato tu, perché che tu lo voglia o noi, alla fine arriva un po’ sempre lì dove vuole arrivare lei e ti porta lì dove vuole lei ancora prima che tu te ne renda conto, o che riesca a pensare se è davvero anche quello che vuoi tu. Lasciala fare, arrenditi e fidati di quel che ha in serbo per te.
Lascia che decida lei, lasciala fare: la vita.
Ma poi lo sai che la maggior parte delle volte ti porta in un posto (metaforicamente e non) molto più bello di quello che hai previsto e pensato tu per te?
Lasciala fare, arrenditi e fidati. Credici, perché funziona poi sempre un po’ così: se una cosa è fatta per te, prima o poi arriva. Credici, perché se lasci fare a lei, alla vita, ti succede per esempio che in un attimo sei lì, sott’acqua, a fissare il fondo azzurrissimo di una piscina, di domenica mattina su una terrazza di Dubai. E tu non lo avevi previsto.
Forse è febbraio, forse è domenica mattina, ma non lo sai con precisione perché a forza di vivere senza un calendario fitto di slot bloccati con colori diversi e 1:1 da preparare, ti succede di perdere il conto dei giorni, delle ore, dei mesi e a tratti anche un po’ dell’anno in cui siamo [della vita?] — ne è testimonianza quel quattro che si intravede timido sotto allo scarabocchio che precede il 2025 ben scritto nell’angolo a destra della tua pagina di diario — d’altronde ti capitava anche a scuola di fare questo “errore di disattenzione” per tutte le prime settimane dell’anno nuovo, ci sono abitudini che restano. Fuori ci sono 27 gradi, c’è il sole e a tratti si riflette sulle piastrelle azzurre del mosaico sul fondo della piscina. Non hai con te il cellulare, non sai che ore sono. Ti fermi lì. In quel momento bello lì, senza orologio.
Dovresti vivere di più così, senza l’istinto di controllare l’orologio, lo schermo del tuo cellulare e collezionando istanti di serenità in cui senza accorgertene, vivi: ti dimentichi di voler inserire un momento in delle coordinate temporali, perché non è importante, lasci che a guidarti siano solo le tue sensazioni, vivi, vivi e basta.
Ogni volta che mi succede di perdere il senso del tempo così, ripenso a Fabio, l’uomo Islanda, il guardiano del faro di questa storia qui, colui che un po’ per primo mi ha insegnato a fermarmi e a fermare tutti questi momenti qui, tenendomeli stretti. Fabio me l’ha regalato l’Islanda e quando deve, torna a ricordarmi cosa sia la serenità, spingendomi a vivere la vita così, un momento senza orologio alla volta, dimenticandomi di controllare che ore sono.
Sei lì che nuoti, osservi quel fondo di piastrelline azzurre e ti riscopri senza parole nel constatare dove ti abbia portato la vita senza chiederglielo questa volta. Questa volta le hai lasciato fare, ti sei fidata e lei ti ha portato lì. Sei lì con la mente piena di pensieri sparsissimi e incasinati, pesanti e belli, sono tutti freschi e positivi. Ma come si riordinano? I pensieri, le emozioni e le immagini mentali collezionate in queste prime sei settimane dell’anno cariche (forti, veloci, intense, piccanti, calde) e che adesso ti scorrono nella mente in ordine sparso come flash, come istanti di un rullino da sviluppare, vissuti lasciando che decidesse lei: la vita.
Rivedi Ha Giang e le ore di ruote su quell’asfalto, vedi le strade affollate di Hue, le lanterne colorate su un fiume scuro, ripercorri le stradine affollatissime di Hanoi, vedi la Giuli che salta e ti abbraccia per festeggiare il nuovo anno, senti il profumo di una Pho fumante davanti a te, poi ancora la Giuli che ordina un “Vietnamese coffee to stay” e chiede di pagare in contanti, le risaie di mille verdi che scorrono veloci fuori dal tuo posto finestrino nello sleeping bus, “Ci vediamo a Dubai! Weekend insieme a Dubai!” qui senti accelerare il battito, poi lo senti rallentare entrando in quell’appartamento pieno di luce e di sole di Melbourne, senti il sapore della pizza buona e di quella birra Menabrea che dall’altra parte del mondo sa di casa, “Ma con l’appartamento a Milano adesso cosa fai?” - non lo sai ancora, con la mente torni qui, hai il fiato corto per una passeggiata troppo calda di metà pomeriggio a Footscray, il sapore buono di quel caffé preso di sabato mattina su una panchina al sole, ridi forte per quella scarsissima partita di tennis, “Ma tu quando torni?” - è il terzo messaggio uguale ma tu non lo sai ancora, con la mente torni qui, lasci che il tramonto di un giovedì australiano ti entri negli occhi e si rifletta sul calice di rosé fresco sul tavolo, ti osservi chiudere lo zaino, ne senti il peso sulle spalle, ti rivedi da sola sul bus per l’aeroporto incapace di gestire i saluti e le distanze lunghe, ti scende una lacrima mentre le ruote toccano la pista di atterraggio in quella tempesta di sabbia di Dubai e non sai perché. Ma come si riordinano questi pensieri qui?
Da sott’acqua, tra una bracciata e l’altra, tra un respiro e l’altro, tra uno sguardo al cielo e uno al fondo azzurrissimo del mosaico di quella piscina, i suoni si fanno ovattati, tutti quei mille pensieri sparsi nella testa sembrano fondersi assieme e creare un unico suono, un sibilo che li culla e a tratti li calma. Qui è quando con un’ultima bracciata vai sul fondo, smetti di nuotare e ti lasci trascinare dall’acqua ascoltando solo quel rumore.
Sono le 08:36 di una lenta domenica d’inverno [dimmi che sei in un altro fuso orario senza dirmelo], un inverno di sole, gelati, maniche corte e protezione solare 30+, e io che causa fuso (e pensieri sparsi) non riesco a dormire, sono qui sott’acqua a fissare il fondo azzurrissimo di una piscina su una terrazza di Dubai.
Mi sorrido dentro (una cosa che ho imparato a fare da poco) e un po’ ci credo. Sorrido nel constatare dove mi abbia portato la vita senza chiederglielo questa volta. Dentro a quel silenzio ovattato e con gli occhi aperti sott’acqua [a saperlo vita, mi sarei portata gli occhialini] è nata questa newsletter.
Dubai non era nei miei piani, piani di viaggio, di inizio 2025, di vita di adesso e forse di mai. Però poi ho lasciato fare alla vita e mi ha portato qui.
Ma lo possiamo dire?
"Che figata!”
Sì, sì lo possiamo dire. Dentro a quel silenzio ovattato e con gli occhi aperti sott’acqua mi sono resa conto di che figata fosse essere lì, proprio perché non era nella mia TO SEE list, di adesso e forse di mai, non sapevo cosa aspettarmi (su Dubai, su questo inizio di 2025, di febbraio e di cambio vita) e per una volta non mi ero aspettata niente, avevo lasciato che facesse la vita — e sai cosa? Non è per niente male: Dubai, questo inizio di 2025, questo febbraio.
Vedi, sono le aspettative che rovinano tutto. Sempre. Sempre.
Grazie vita che mi hai portato randomicamente qui.
Mi chiedo anche cosa mi voglia dire la vita ogni tanto. Cosa mi aspetti in generale. Perché se ci penso, nonostante mi attirino posti sperduti e un po’ selvaggi come la Scozia, il Canada e la Patagonia, quei posti verdi e blu dove vai in giro con lo zaino e le scarpe da trekking, mi ritrovo un po’ sempre in posti asiatici, al caldo, adesso negli Emirati Arabi dove inutile che te lo dica io: lo zaino in spalla e le scarpe da ginnastica (però della Nike) non si allineano troppo alla serie di valigie di Luis Vuitton che scorrono sul banco del ritiro bagagli e ai rombi di tutti quei motori firmati Dodge (Mercedes, Maserati, Ferrari, Porsche, Ford Mustang repeat Mercedes, Maserati, Ferrari, Porsche, Ford Mustang repeat Mercedes, Maserati, Ferrari, Porsche, Ford Mustang)*, che sfrecciano alternandosi in strada, parcheggiate o in esposiz— (no, esposizione no, sono proprio “le utilitarie de’ noialtri”, quelle che usi per portare i bambini a scuola, 912 mila cavalli e una sfumatura mai vista).
[*Disclaimer: è molto probabile che in questo elenco ci siano sia motori, che modelli di auto o case, a caso, ma confesso che le auto non sono il mio].
Però ecco, mi chiedo anche cosa mi voglia dire la vita ogni tanto.
Tu ogni tanto parli alla tua vita? Ti ritrovi a dirglielo così? Non so, tipo: grazie vita per avermi fatto conoscere quella persona, grazie per avermi fatto sbagliare strada, non passare quell’esame, leggere quella mail in tempo, incontrare quella persona sbagliata, scrivere quella lettera, credere così tanto nel mio progetto, firmare quel contratto, catapultarmi qui in questa città di sabbia e di macchinoni in corsa, sole e sabbia].
Io se fossi in te, ogni tanto lo farei - così, just saying.☀️
E poi mi fiderei tanto, le lascerei anche fare un po’. Lascerei che decidesse lei, che facesse lei: la vita.
L’acqua non è il mio elemento [per esempio, vita!].
Mi piace nuotare: al mare, in piscina, al fiume, con il freddo, con il caldo, quando l’acqua è a 14 gradi, mi piace tuffarmi, mi piace tantissimo fare docce lunghe, ancora di più bagni lunghi e con tantissima schiuma (nella mia casa dei sogni vorrei avere una vasca da bagno davanti a una finestra con vista giardino, per scrivere newsletter belle da lì), mi piace tantissimo la sensazione di leggerezza che ha il corpo sott’acqua, la mente sommersa da tutta quella pressione, mi piace trattenere il respiro fino all’ultimo per poi riemergere in affanno, con le braccia forti e con i polmoni quasi vuoti, ma non è il mio elemento.
Questa newsletter però è nata lì, sott’acqua, mentre cercavo di fare ordine su tutto il già vissuto di queste prime sei settimane di un duemilaventicinque che sta andando velocissimo, mi ha già regalato tre timbri sul passaporto [sparsi! Ma perché non te lo timbrano in ordine e prendono la prima pagina a caso?], almeno sette viaggi avanti e indietro nel tempo causa attraversamento meridiani terrestri in serie, circa quattro chili in più addosso, un nuovo posto da chiamare casa.
Lascia che decida lei, lasciala fare: la vita. Lasciala fare, arrenditi e fidati. Credici, non vedi che bello?
Se avessi dovuto disegnare questo inizio di anno io, prevederlo per me, probabilmente non l’avrei disegnato così bene. La vita sa disegnare meglio, lascia andare la presa, molla quei freni (quelli della NL #15 🚴🏻♀️, quando a Milano ancora avevo una bici), lasciati trasportare da tutte le sue curve, inversioni a U, salite e discese.
Fidati e perdi il controllo. Sai quando arrivi alla fine di una giornata sulla neve e non hai più forza nelle gambe? Quando un po’ ti lasci trasportare e scivolare così, tra le curve, le dune, la neve fresca e qualche lastra di ghiaccio [si vede che mi manca un po’ l’inverno? Mi sa che il mio inizia adesso ⛷️]. Quando non hai proprio tutto il controllo di tutto il corpo, ma ti fidi e arrivi a fondo pista in piedi, sano e salvo e con le guance fredde. Così. Fidati e perdi il controllo.
Prendi tutta quella vita perfetta lì che un po’ ti sei immaginato tu, mettila nel mixer e lascia che succeda, che ne esca uno di quei centrifugati densi e senza grumi, che vedi su Instagram. Di un colore diverso da come te l’eri immaginato tu visti gli ingredienti, ma più buono, più bello, più inaspettato.
Questo 2025 va veloce (più o meno come quella Dodge azzurra che sgasa alle due di notte sotto la finestra del tuo hotel in Business Bay a Dubai - e fa un po’ anche quel rumore lì); e queste nuotate fresche in piscina all’alba hanno sostituito le docce fresche del mattino, quelle che servono per svegliarti meglio, quelle di quando nascono le idee migliori, riordini tutti i pensieri e li disponi in ordine di priorità prima di affrontare la giornata, io le uso come momento di riconoscenza per la vita; una vita che va stra veloce e ti succede mentre sei lì a pensare a come viverla, una vita che è anche partita in stra salita in quel mettermi alla prova con quell’unico (o uno dei pochi) buon proposito dell’anno che mi ero imposta, quel mio cercare di non giudicare gli altri e me stessa, che allontanandoti così tanto dalla comfort zone si fa difficile da rispettare.
Questo 2025 va veloce, tanto, forse anche un po’ troppo per me, che lo vorrei vivere facendo una cosa per volta, una bracciata per volta, un passo alla volta, un giorno alla volta per guardarmi di più, per fare pace con me stessa, per parlarmi bene, diventarmi amica, conoscermi meglio, in modo più indulgente e premuroso, per maturare una maggiore sensibilità (sia nei miei confronti che verso le altre persone), essermi gentile, smettere di giudicarmi, di rimproverarmi per i traguardi che non sono riuscita a raggiungere per tempo e avere più fiducia nelle mie capacità.
E invece va veloce, velocissimo, e un po’ mi costringe a fissare un attimo, un momento bello, un ricordo, una parola gentile, mentre sono in corsa.
💆🏻♀️ Quando ti lavi i denti, lavati i denti
Fai una cosa per volta, perché se mentre ti lavi i denti, riordini la colazione, ti allacci le scarpe o rispondi a un messaggio, c’è il rischio che ti coli il dentifricio sulla t-shirt che hai appena indossato; se mentre attraversi la strada controlli l’ultima story della tua crush su Instagram, c’è il rischio che ti prendano sotto; se mentre ti siedi a tavola e chiedi a quel tuo amico come sta, poi tiri fuori il cellulare, c’è il rischio che la tua mente pensi ad altro, SE MENTRE SPALMI LA MARMELLATA SUL PANE, scrivi quel pensiero che ti ha attraversato la mente, c’è il rischio che ti cada la fetta di pane (ed è anche matematicamente provato che cada sempre a pancia in giù, sulla tovaglia, o sul tuo diario).
Allora quando ti lavi i denti, lavati i denti, quando attraversi la strada, attraversa la strada, quando sei con qualcuno, ascoltalo, quando spalmi la marmellata sul pane, concentrati lì: fai una cosa per volta.
Altrimenti la vita passa, veloce così, come quella macchina lì, e non te ne sei neanche reso conto. Resta l’immagine sfuocata di luci e città, non a fuoco, priva di dettagli belli da fermare.
Con il tempo apprezzo sempre di più chi colleziona quei dettagli, se li annota, li rilegge, li fotografa e poi li stampa, ti scrive per ricordarne uno assieme, come in un mega diario mentale e non che si arricchisce di glimmer e cose belle. Apprezzo sempre di più anche chi quando mi parla, mette via il telefono e mi parla, chi ci mette di più a rispondermi, ma poi mi risponde a tutte le domande, non solo all’ultima, chi tiene la TV spenta mentre mangia, chi ascolta la musica con gli occhi chiusi.
Chi nella velocità di questa vita, vive la vita una cosa alla volta concentrandosi su quella cosa lì, presente, consapevole.
Sì, ci sto: beviamoci un sorso di caffé assieme ☕️☕️, perché concordo, a volte con questi discorsoni mi sento un po’ un mix tra Gandhi e Francesco Sole — c’eri già tu quando lui diceva “Fai qualcosa!” (con tutto il rispetto per Gandhi che oggi senza volerlo si ritrova nella stessa frase, nello stesso paragrafo e nella stessa newsletter di Francesco e si starà probabilmente rivoltando nella tomba).
Però di questo sono convinta:
Fidati della vita e perdi il controllo.
E te lo dico io, che ho la tendenza (o, meglio, la pretesa) di voler controllare sempre tutto, anche quello che pensi tu, come ti senti tu, che reazione hanno su di te le cose che ti dico. Se ce l’ho fatta io, puoi farlo anche tu.
Fidati della vita e perdi il controllo.
È difficile, difficilissimo, ma se ci provi ti rendi conto di quanto sia più sana, serena e piacevole la vita. Spesso quello che ha in serbo per te è mille volte meglio di quello che tu ti sei già immaginato.
Fidati. Fidiamoci.
Magari ci ritroviamo tutti assieme a nuotare su una terrazza di Dubai.
💚 Grass in not always greener
Qual è il momento che ad oggi vorresti rivivere? 🔂
Mentre vivi alla velocità della luce, fidandoti di dove ti sta portando la vita, prova a fare mente locale, a ripensare a queste prime settimane di nuovo anno già cariche. Premi quel tasto rewind e cerca il tuo momento preferito, bello o brutto non importa, fermalo come fosse lo scatto di un autovelox di una macchina che corre veloce e rivivilo.
Perché ne hai collezionati già tanti anche tu di momenti da ricordare, facci caso. Purtroppo siamo sempre troppo abituati a considerare le vite degli altri migliori delle nostre, a guardarle con un po’ di invidia e gelosia [che brutte queste due parole davvero], per poi concentrarci solo su quello che sarebbe potuto andare meglio quando osserviamo le nostre. Ma non è sempre vero che grass is greener, anzi, è proprio solo una questione di punti di vista: invece di fare caso solo ai punti deboli, sulle cose brutte che ci accadono, su quando sei sfortunato perché capita tutto solo a te (adesso dimmi che questa frase non l’hai mai detta), prova a fare caso ai punti forti e alle cose belle che ti accadono.
Prova solo, poi mi dici. È possibile che riconoscere i tuoi istanti preferiti ti dia serenità, e magari ti capiterà anche di ritrovarti in lacrime (lacrime di riconoscimento, misto gioia, misto serenità) su un volo di andata, poi anche su uno di ritorno che per alcuni versi potrebbe classificarsi ancora andata lunga, mentre sei seduto su una panchina dopo a una corsa al sole, mentre nuoti in piscina nella terrazza di un grattacielo, leggendo il tuo nome e un ringraziamento di Lifetime Stories In The Making [ogni riferimento è puramente casuale].
Life is good, mi ha detto una canzone e io un po’ ci credo, nonostante la mia vita attuale assomigli più a un puzzle da mille pezzi di sole sfumature blu 🧩, a un cantiere aperto da cui è scappato il direttore lavori 🏗️, a quel che rimane dopo l’accensione di quel mixer per centrifughe vitaminiche il cui tappo non è chiuso bene 🦠 (e chi ci arriva adesso a ripulire la mela sul soffitto?).
Life is good, mi ha detto una canzone. E lo sto notando davvero. E tu?
Sei autorizzato a farti un altro caffé [finisci la lettura che hai la tachicardia praticamente, ma se serve per fermare questo attimo, fattelo!] prima di rispondere e di farlo ascoltando questa canzone qui, prestando attenzione a tutte le cose belle che hai tu e che ha la tua vita. 🎧☕️
Qual è quel momento bello lì in cui non hai guardato l’ora? Quell’istante fermato da quell’autovelox nonostante la rapidità della tua corsa? Quello più felice, quello più dolce.
Solo uno, uno che si meriti questa menzione e che sia da rivivere, ricordare, fermare nel tempo e fissare nella tua memoria. Quello che sa un po’ di quei glimmer che ti aiutano a trovare un po’ di sabato nel lunedì, a volerti bene in una giornata di pioggia [ma che bella è la pioggia], quello fatto di cose semplici che ti strappano un sorriso, di boccate d’aria che ti tolgono l’ansia e rendono migliore quella giornata.
Trovane almeno una al mese di giornate belle così, che vorresti rivivere. Mentre va tutto velocissimo, scegli la tua preferita, sforzati di trovarne almeno una al mese, e se ne hai di più [intanto sappi che è una cosa bellissima!], sforzati di tenerne solo una al mese, una: annotala su un foglietto di carta, poi mettilo in un cassetto o in una scatola, in un posto tuo. Ci rivediamo a dicembre per aprilo assieme: sono sicura che avrai almeno 12 motivi per essere felice, 12 momenti da rivivere, 12 momenti belli da rivivere ed essere felice. Sarà il tuo regalo bello per il prossimo Natale. 🎅🏻
Sarà una semplice buona abitudine che ti aiuterà a fermarti, a riflettere e a cercare la bellezza (glimmer dopo glimmer) anche nelle settimane più dense.
A flirtare con la vita. 😏
Tu sai flirtare con la vita?
E con i tuoi lunedì?
Se sei qui con me un po’ sì e poi questa espressione mi piace un sacco, perché trovo riassuma bene l’obiettivo di questa newsletter, tu cosa ne pensi?
Flirt a parte, adesso hai la scusa per fermarti a riflettere per cercare la bellezza anche nei lunedì che iniziano senza colazione [urca che brutti questi!].
📵 Per oggi permettiti di non fare
E mentre flirti con la vita e con il tuo lunedì, mentre corri, prendi dodici decisioni al minuto e fai dodici cose per volta, oggi permettiti di non fare: di non prendere decisioni se non ne hai voglia, di lasciare la riproduzione casuale su Spotify se hai voglia di musica, di rifare lo stesso ordine già fatto su Deliveroo se hai fame, di non fermarti in ufficio fino alle sette, chiudere il PC e riposare gli occhi se sei stanco, di lasciare i piatti nel lavandino, di non scegliere, di non fare, di non andare a quell’aperitivo post work, di inserire la tua modalità automatica e di spegnere un po’ il cervello.
Ti assicuro che ogni tanto serve, lo puoi fare anche tu (sì, tu), senza sentirti in colpa.
🏗️ Non cambiare lavoro
Once upon a time (era circa due lunedì fa), noi eravamo rimasti qui:
Ok, allora: tutti parlano di Great Resignation, attorno a te stanno tutti abbandonando o cambiando lavoro (oltre che trasferendosi a Dubai), inclusi tua sorella, il tuo migliore amico e il tuo capo. E tu sei fermo lì in quel: “lo faccio, non lo faccio” // “mi butto, non mi butto”. Sei lì, sull’uscio, scrutando l’universo in cerca di quel prossimo segno che ti dica che è ora di mollare tutto, di saltare. 🤸🏻♀️
Bene: non cercare oltre e chiudi CoStar.
Sarò onesta: la risposta, molto brevemente è sì, è ora di mollare. Perché se ci stai pensando, vuol dire che un po’ lo vuoi già fare (come in tutte le cose), ma hai probabilmente “paura di buttarti” come è normale che sia in tutte le cose nuove.
Allora prendi questa tua paura e prova a gestirla, è così che nasce il coraggio:
chi non è capace di provare paura non diventerà mai coraggioso; il coraggio non è altro che la paura, gestita. La paura non gestita diventa panico, non aver paura è stupida temerarietà.
Questo non l’ho detto io, me l’ha detto un uomo grande (dove “grande” non sta solo per “più grande di me, adulto”, ma di successo, “Un Grande”, insomma ha un po’ fatto lui la storia delle aziende italiane) e puoi ascoltare tutta la sua intervista bella 🎙️ » qui 👈. Io ho però scritto una newsletter sul coraggio ✍🏻 » qui 👈.
Però prima di mollare tutto e scappare a gambe levate e senza più voltarti indietro, fermati un attimo e fatti queste due domande: tu, in questo lavoro e in questo ufficio,
👩🏻💻 impari? Qualcosa di nuovo e di bello ogni settimana?
💰 guadagni? In modo da permetterti una vita dignitosa?
Poi ti puoi chiedere se ti senti realizzato, se vai in ufficio sereno, se sei in un ambiente sano dove non ti senti giudicato, per esempio. Ma tra tutte le domande intanto tu parti da quelle due lì. Finché almeno una di queste due condizioni si verifica ed è rispettata, puoi restare lì. C’è un articolo molto ben scritto e completo su GirlBoss* che ti consiglio di leggere se hai tutti questi dubbi qui e che potrebbe aiutare » leggilo qui, [* loro sempre un super punto di riferimento].
Sei invece non arrivo in tempo e hai già cambiato lavoro anche tu, prima di tutto chapeau, e poi puoi leggere la NL #2: mi sa che ripartiamo insieme da qui! Vamosss!
🤫 Qui spoilerone
Sai quando ti dicevo di lasciar fare a lei, alla vita? Di arrenderti e fidarti? Di crederci, perché lasciandola fare, ti potrebbe succedere per esempio di ritrovarti in un attimo lì, sott’acqua, a fissare il fondo azzurrissimo di una piscina, di domenica mattina su una terrazza di Dubai? Ecco: io non lo avevo previsto, ma in quel momento lì è anche nato l’inizio del mio primo libro. 💥
È successo e adesso sono grane (belle però). È il più bel To Be Continued di questo 2025 da urlo!
📌 Post Scriptum
A casa, a letto, io la colazione non la faccio mai. Sì è vero, ne parlo spesso e lo considero uno dei lussi della vita, un potenziale glimmer da annotare da qualche parte, da Instagrammare e da viversi bene. Però poi a casa, a letto io la colazione non la faccio mai (conoscendomi quella fetta di pane mi cadrebbe a pancia in giù tra le lenzuola).
Però se mi capitasse, mi piacerebbe che fosse una delle colazioni buone con la granola che prepara G. (in arte Calamarata). Quelle che sanno di buono, di bello e di sano, quelle che ti fanno constatare che potresti davvero fare colazione tre volte al giorno e nessun altro pasto, quelle che hanno tutti i tuoi cuoricini su Instagram, quelle che vorresti saper preparare bene così tu e che se ti dovessero preparare, sarebbero un bellissimo atto di amore.
Queste:
Io e G. ci siamo conosciute grazie alla condivisione di un suo pensiero su Instagram che mi ha raggiunta (non so come, ma evidentemente doveva succedere). Era lo scorso anno ormai ed era uno di quei pensieri che ti raggiungono dall’etere e un po’ ti parlano senza conoscerti (un po’ come succede a volte quando ci allineiamo noi qui). Rifletteva sulle energie investite nei rapporti e nelle amicizie, senza i quali si potrebbe stare a volte, sì, ma non così bene.
Da allora ho scoperto un po’ tutto il suo mondo di colazioni buone, sane e belle, e G. è diventata la mia regolare fonte di inspirazione per immagini di mattine fresche da iniziare bene così — oltre al fatto che sa davvero di persona semplice, autentica e genuina, di quelle che mi stimolano e mi piace seguire con costanza. 🫶🏻
Giorgia è una ragazza molto dolce e coraggiosa, un’altra di quelle donne forti che di punto in bianco si è fatta più coraggiosa e ha deciso di dedicare tutta la sua vita a un suo sogno: quel sogno la sta facendo diventare grande, grandissima! 🌸🥣
E io che adesso sono tornata a casa, avevo un po’ bisogno di questo tipo di coccole. Quindi oggi facciamo colazione a letto, con la granola di G.
Innamorati del tuo lunedì! 💫
xx, Marta