#1 | La newsletter del lunedì
Del mio primo nuovo inizio post esplosione mentale e di una nuova consapevolezza.
[First things first: sono felice di sapere che mi leggi, che scegli di dedicarmi e di dedicarti questo tempo, grazie 🙏🏼🤍🫠 Le mie “Newsletter del lunedì” nascono per te, per suggerirti spunti di riflessione su come affrontare momenti di vita un po’ caotici e per invitarti a dedicarti tempo. Ma sono anche per me, per riordinare quei momenti di caos mentale, provare a dare loro un senso e volermi un po’ più bene. Doppio grazie. E adesso vai, eccoti le tue 3269 parole del lunedì, da leggere in 13:04 minuti]
👋🏻 Ciao tu, come stai?
E per favore non rispondermi subito, non rispondermi con quel distratto “bene” che dici di solito. Anzi, non rispondermi proprio. Fermati, ascoltati e pensaci. Mettici tutto il tempo che vuoi. Io non ho fretta. Fatti quel caffè, sceglilo lungo e bollente ☕️ Lascia scorrere la tua playlist del lunedì 🎧 (ho aggiunto qualche novità rispetto a settimana scorsa), i pensieri la seguiranno 💭.
Il mio è un “Come stai?” sincero. Sì, hai ragione, suona molto come quelle tipiche domande da lunedì mattina, un po’ asettiche se vuoi, la facile introduzione agli small talks vari. E invece te lo sto chiedendo perché ci tengo e mi interessa davvero sapere come stai. E infatti, proprio per evitare di farti cedere a quel distratto “bene” detto senza neanche pensarci troppo, che è poi anche la risposta che stai dando a te, te la riformulo così:
Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?
Improvvisamente è diventata più difficile vero?
Quante volte al giorno lasciamo che a dare risposta a questa domanda sia il nostro risponditore automatico, anche e soprattutto quando stiamo tutt’altro che bene. Magari non abbiamo voglia di intavolare lunghe conversazioni sul nostro stato d’animo perché non lo stiamo capendo neanche noi: sappiamo di non stare bene, ma non lo vogliamo ammettere a noi in primis. Io me ne sono più o meno accorta in una di quelle solite mattine in ufficio, probabilmente un lunedì, quando nel rispondere al saluto di Federica (una bomba di collega), ho sentito la mia voce dirle “male!”. Silenzio. Non se lo aspettava lei, di certo non io. Siamo uscite assieme a prendere una boccata d’aria e a fare due chiacchiere.
✨ In questo lunedì che sa molto di sabato
(🤓 keep reading, a breve ti svelo tutto) ti chiedo davvero e sinceramente: Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta? Pensaci 💭
Ti stai divertendo vero? Intendo nell’immagine che hai di te in quell'ultima volta in cui fai una cosa per la prima volta. Ridi e sei felice? Magari lo stai condividendo con chi ti fa stare bene? Scommetto che stai dando il meglio di te, sei forte e profumi di vita. Sei molto probabilmente tra i “Doers” della foto qui in basso ⬇️. Spero di sì perché è una cosa molto bella.
Che poi l’hai capito, no? Non devi rispondere a me. O meglio, anche. Ma quella domanda non è altro che il mio stimolo per invitarti ad interrogarti dall’interno, ascoltarti e alleggerire il tuo lunedì dandogli un po’ di quel sapore di sabato che tanto ci piace. Confesso che te lo chiedo perché avrei voluto pormi questa domanda anche io prima di finire tutto il mio ossigeno. Quindi:
Un Come stai? metaforico il mio, che racchiude un Ti piaci? Ti soddisfa la tua vita? Ti vuoi bene? Ti tratti bene? Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?
Tu pensaci.
✨ E mentre tu ci pensi
Ne approfitto per raccontarti come sto io (e che ti serva da speranza, nel caso ti trovi attualmente in una situazione di caos estremo simile al mio dello scorso anno oggi): sto bene 🧘🏻♀️
✨ Sto bene perché oggi è un lunedì per me particolarmente luminoso in cui si concretizza la conferma che la vita, a suo modo, ha un senso.
✨ Sto bene perché senza neanche farlo apposta, inizio oggi (sì, di lunedì) una nuova fase di vita che assomiglia molto più di prima alla vita che ho scelto io per me, dopo essere esplosa.
✨ Sto bene perché arriva oggi la conferma che avevo proprio bisogno di quel burnout di mezza estate, per fare un passo indietro e recuperare il mio benessere fisico, mentale e psicologico, trascurato ormai da troppo tempo. E capiamoci: io il burnout non sapevo molto bene cosa fosse fino a poco fa, ne avevo sentito parlare, sì, e come tanti la consideravo la parola del momento, sulla bocca di tutti, una cosa da deboli (di mente, cuore e spirito). Eppure, mi rendo conto adesso che lo scorso anno a quest’ora, ci ero dentro fino alle ossa e non ne ero consapevole.
🎙️ Troppo Poco, il podcast di Will in collaborazione con MindWork in cui si parla di benessere psicologico a lavoro, mi ha aiutato a prendere un po’ di consapevolezza su quello che stavo vivendo (mille grazie Gaia per esserti accorta che ne avessi bisogno e per averlo condiviso con me ai tempi dell’ufficio 🙏🏼 ). Lo consiglio a chiunque si trovi anche solo in parte in questa fase di vita qui.
Nello specifico, mi ha aiutata la loro puntata di marzo 2023, che racconta di come la nostra sia una generazione particolare e di come siamo: «Cresciuti con la cultura del sacrificio, il lavoro al primo posto, costi quel che costi. Etichettati come “choosy” quando dicevamo “no” a un lavoro perché sottopagato o con condizioni inadeguate. Ma di fatto la prima generazione ad aver messo sul piatto il benessere psicologico sul posto di lavoro. Secondo un report di BVA-Doxa sul benessere mentale nelle aziende, in Italia l’80% di lavoratori e lavoratrici ha sperimentato almeno un sintomo correlato al burnout». Ma prenditi tutti questi 21:52 minuti per ascoltare la puntata perché merita:
Mi ha colpita perché è uscita nel momento stesso in cui la scimmia urlatrice nella mia testa si poneva la stessa identica domanda. 🙉🥁⁉️🎺 E qui ti sfido a credere che la redazione di Will ne fosse al corrente. Mi viene davvero da dire: coincidenze? Ho iniziato a farci caso e ne sto collezionando davvero tante di coincidenze in questa vita.
✨ Sto bene perché ho capito che avevo proprio bisogno di quel burnout per rivalutare tutte le cose che non stavano funzionando nella mia vita, per elaborare cose accumulate, per ricaricarmi e per imparare a conoscere meglio me stessa e i miei limiti. Se dovessi mai scrivere un libro, lo intitolerei: “Sogno di un burnout di mezza estate”.
E ti assicuro che solo 363 giorni fa, neanche mi ero accorta di essere nel bel mezzo di quel burnout in piena, non avevo idea di cosa fosse il benessere psicologico e consideravo un difetto il dimostrarsi vulnerabile, il chiedere aiuto, il non riuscire a reggere i ritmi (di lavoro, di vita), il piangere. Che poi, non che io non piangessi mai: semplicemente lo facevo da sola, al buio, quando ero sicura che nessuno, neanche io stessa, potesse vedermi.
Oggi invece eccomi qua 🙋🏻♀️: un’esplosione mentale e un po’ di consapevolezza su me stessa dopo, riemergo per dirti che anche quando la vita sembra non andare nel verso giusto, ci sta già andando. Tu non lo vedi, ma lei sì.
» Ricorda: a volte ti serve davvero fare quel passo indietro di cui ti ho anticipato qui per ripartire. A volte anche tu puoi permetterti di essere fragile. A volte è proprio quel mostrarti vulnerabile il tuo vero punto di forza.
⏮️ Ok partiamo con un bel rewind
🎧 Nel frattempo a che punto è il tuo caffè? Mettiti pure le cuffie e lascia suonare questa in loop:
Questa canzone oggi ha ancora più senso anche per me, perché l’ho scoperta a febbraio dello scorso anno e mi ha poi accompagnato in tanti momenti belli.
Dunque, facciamo questo step back con un aneddoto che avrebbe dovuto fare da campanello d’allarme al tutto, ma cosa vuoi, io in quel momento non capivo e a mente vuota non ho colto 🚩
È un piatto sabato di inizio anno (lo scorso anno) e io sono a casa a📍Biella (per chi non la conoscesse è una timida e verdeggiante cittadina del nord del Piemonte, conosciuta prevalentemente per le sue fibre tessili pregiate 🧶, la birra Menabrea 🍺 e l’acqua Lauretana🚰. Sapevi?). Non so collocare questo momento nel tempo con precisione, ma era prima di quella risposta inaspettata a Federica in ufficio, prima dell’Islanda, di Bali e della luce. Il caso ha voluto che tra i 25 milioni di famiglie italiane, proprio la mia ricevesse a campione quella lettera dell'Istat che ti invita a partecipare al Censimento dello Stato e a rispondere a quelle domande tipo “lavori?, non lavori?, sei felice?”. Io quel giorno non ero felice. Di base ho educatamente, e un po’ contro voglia, seguito le richieste di un papà ligio al dovere di cittadino. Tra le domande, una mi chiedeva davvero quanto fossi soddisfatta complessivamente della mia vita da 1 a 10.
Ho segnato 2, mio papà era seduto accanto a me e ha fatto una faccia brutta, dicendomi solo un po’ incredulo: “Marta, ma 2 mi sembra un po’ poco”. Io ho ribattuto con una frase simpatica e un po’ ironica, ho finito il sondaggio, ho controllato che l’invio fosse andato a buon fine, ho chiuso il PC e ho cambiato stanza. In quel momento avevo gli occhi pieni di lacrime (in realtà avevo una “tempesta sotto le palpebre”, come dice la mia canzone prefe di Sanremo, dato che siamo freschi freschi di settimana Festival 🕺🏻🪩).
Ho provato per un istante a chiedermi cosa non andasse bene, alternavo risposte simili a “tutto” e “niente”, senza sapermi dare una vera risposta, la mia mente era un susseguirsi di monotone litanie di auto-convincimento che ripeteva, “Ma di cosa ti lamenti? Hai un lavoro, hai un lavoro a Milano, hai un lavoro a Milano a tempo indeterminato, hai un lavoro a Milano a tempo indeterminato con dei colleghi super, hai un lavoro a Milano a tempo indeterminato con dei colleghi super e in una bella azienda, solida, forte e internazionale, hai un lavoro a Milano a tempo indeterminato con dei colleghi super e in una bella azienda, solida, forte e internazionale con un buono stipendio”. E poi da qualche parte del cervello qualcuno diceva “Appunto!”, facendomi percepire che c’era qualcosa che non andava. Ma è molto più semplice non farci caso, spostare la mente su un altro pensiero, qualcosa di effimero come quel video di beauty routine apparentemente miracolosa, sottrarre gli sguardi a chi ti conosce bene, sorridere e fare finta che sia tutto ok. O almeno, è più facile sul breve periodo: con il tempo ho poi capito che sul lungo quel non sorriderti diventa pesante e ti deteriora (ci arriveremo 👉🏻).
Fermarsi per affrontare un dolore è difficilissimo, vuol dire riviverlo tutto e lasciarsi travolgere dalla sua potenza, ti fa venire da vomitare, ti lacera da dentro. Ma una volta fatto, stai meglio (🤫 SPOILERONE - tempo al tempo però, qui non ero ancora in quella fase di consapevolezza). E comunque non è immediato, lo rivivi lentissimamente e dura tutto per mesi infiniti, io non ho ancora finito.
In realtà, di cose che non vanno bene ce ne sono sempre tante nelle nostre vite, se proprio le vogliamo stare a guardare. 👀
Anzi più le guardiamo, più ne troviamo (sono come le conchiglie al mare 🐚). Poi arrivi a quel punto in cui riesci a vedere solo più quelle e non ti stupisci neanche più perché è questa la tua normalità (forse “solo più” lo dicono sono in Piemonte, di base è un rafforzativo per dire che davvero non vedi altro, quindi qui ci sta benissimo).
Senza accorgertene, ti sorprendi con le lacrime agli occhi e non sai neanche più perché. Senti che la stanchezza ti assale, ma impari a portartela in giro sulle spalle tutto il giorno come una compagna, seppur pesante come un macigno. Vivi un po’ senza vivere, con gli occhi tristi e la mente vuota. Non vedi l’ora che arrivi la fine della giornata per andartene a letto e poter finalmente togliere tutte quelle belle maschere che ti permettono di affrontare il mondo a testa alta e a rispondere con quel tuo gentile e distratto “bene” a tutti quei martellanti e distratti “Come stai?”. Sai che c’è chi te lo chiede perché lo vuole davvero sapere, ma sei tu a non volerlo sapere, e così ti fai bastare quella risposta a due sillabe accompagnata da un asettico sorriso.
Non sai cosa vuoi, credi di non volere niente, di non meritarti niente; non ti sorridi più; quella mail aperta sul tuo PC resta bianca, si vede solo un cursore lampeggiante in silenzio e contemporaneamente anche le pagine della tua vita restano dello stesso bianco. Non riesci a prendere decisioni (quelle semplici per capire cosa mangiare a cena e così non mangi), ma sai che lo devi fare, ti scervelli per trovare una risposta ragionata a quella mail che hai già scritto e cancellato dieci volte, per riscriverla e cancellarla altrettante, o per trovare le risposte ragionate agli interrogativi della vita: ma è inutile, non arrivano più e a questo punto ti lasci andare, senza farti più domande. Senti di avere bisogno di distrazioni per alleggerire quella mente pesantissima, anche se vuota.
Ecco: è in questo momento qui che durante una chiacchierata random con Giulia (all’epoca simpatica collega che conoscevo relativamente poco, ora anima bella a cui non saprei più rinunciare) ho visto nella sua idea di fare un viaggio in Islanda, l’opportunità per una mia distrazione. Sbabam! 💥
Era il 10 febbraio 2023: due giorni fa oggi, non l’ho fatto apposta.
Quel giorno, senza chiederglielo e con zero aspettative, la decisione di partire per l’Islanda ha innescato la scintilla di un cambiamento silenzioso che, 363 giorni dopo, si è concretizzato nel migliore dei modi possibili (soon 👉🏻).
🤌🏻 Insomma
Un mini aneddoto di tanti, per farti capire che, oltre al fatto che sono cieca e non vedo le red flag neanche quelle più rosse e spesse (e qui potremmo aprire un capitolo a parte 🙃), la situazione era abbastanza peggiore di quanto io stessa mi rendessi conto, nonostante ci fossi dentro fino al collo. Non mi chiedevo come stavo da un po’, non mi sorridevo da un po’.
Non mi dilungo (troppo 😅) nei dettagli perché i nostri vogliono essere lunedì leggeri e qui stiamo andando fuori tema, ma ti prego davvero di chiederti spesso come stai, anche se ancora non hai le risposte: verranno con il tempo, datti quel tempo per aspettarle.
Non lasciare che questi momenti di caos interiore diventino la tua normalità. Apriti e parla di come ti senti, anche se ti pesa (anzi soprattutto se ti pesa). I tuoi amici, la tua famiglia, chi ti vuole bene, io (!!) siamo qui per ascoltarti e aiutarti se possiamo. Pensaci: scommetto che tu in primis vorresti che qualcuno nella tua stessa situazione riuscisse ad aprirsi con te, in questo caso.
Ascoltati e lascia che gli altri ti ascoltino. 👉🏻 Se ti rendi conto che è da troppo tempo che non ti sorridi, che non ti chiedi come stai, o che non fai una cosa per la prima volta, forse è giunto il momento di farlo e di cambiare la rotta della tua vita 👈🏻. Sforzati di individuare nella tua quotidianità quell’opportunità che ti porta a fare quella cosa che non hai mai fatto, fidati che esiste davvero. Devi solo avere la forza e il coraggio di guardarti, ascoltarti e seguirla.
Per me, persa dentro quel momento di vita da aria pesante e tossica, quell’Islanda (di cui I promise, sooner or later ti racconterò 🙏🏼) è stata l’opportunità presa al volo, la luce intravista da una crepa, una momentanea boccata di ossigeno purissimo per farmi vivere la mia ultima volta in cui ho fatto qualcosa per la prima volta.
In cosa consiste? Te lo racconto bene lunedì ⏭️ (si tratta in realtà di due ultime volte in cui ho fatto qualcosa per la prima volta, perché sono consecutive, si vogliono bene e mi aiutano a spiegarti un po’ di quel “come sia davvero iniziato tutto” citato nel post precedente).
🌈 Ma veniamo a oggi
In questo lunedì luminoso, 363 giorni dopo l’acquisto del biglietto per quella doccia fredda Islandese che mi avrebbe riempito la testa di domande scomode, inizia una nuova fase della mia vita (e confesso di essermi resa conto di questa coincidenza anche io con te ora, scrivendoti).
Comincio ufficialmente oggi, di lunedì (perché sì, anche nella mia vita ci sono cose belle e importanti che iniziano di lunedì) la mia prima avventura professionale post esplosione-crisi-esistenziale-burnout (chiamala come preferisci) e mi sento bene. Lo farò da freelance, perché se c’è una cosa a cui ho capito di non voler rinunciare è la mia libertà (e con essa il mio benessere mentale, fisico e psicologico), sono positiva, sento di avere la giusta energia per ripartire e sento che per la Marta che sono adesso, mi trovo al posto giusto. Soprattutto, sento che questi ultimi sei mesi sono stati la prova del fatto che le nostre sfide più grandi e i nostri momenti più bui offrono spesso preziosi insegnamenti. Per me sono stati l’occasione per capire di cosa avessi bisogno, cosa eliminare e cosa tenere per ricostruire i confini della vita che vorrei. Quindi mi permetto di dirti:
crolla se devi crollare, onora le tue emozioni
Il crollo, quel tuo farti a pezzi, sarà la tua opportunità per fare un passo indietro, fare l’inventario della tua vita, imparare a conoscerti di nuovo e cambiare ciò che non vuoi più per te.
È possibile che a breve invece mi renda conto che non è questa la mia strada; ma oggi, in questo lunedì che sa di sabato, mi sento fedele a me stessa, ai miei limiti e alle mie paure, sulla strada giusta per il futuro che vorrei (seppure ancora non perfettamente delineato), come non capitava da tempo.
Inizio oggi, consapevole del fatto che tutto ha un suo senso, che tutto arriva nel momento esatto in cui deve arrivare: non prima, non dopo. La cosa più difficile, ma anche la più bella, è riuscire ad avere la pazienza di aspettarlo 🐢
E capiamoci: sono molto consapevole del fatto che spesso ci si accorge di essere nel bel mezzo di un burnout troppo tardi e per questo motivo anche uscirne diventa più lungo e difficile. Post burnout si resta comunque vulnerabili, fragili e sensibili, in balia di tante emozioni strane (here I am 🙋🏻♀️). Quindi potrei essere la prima qui ad avere bisogno di aiuto, o magari a ricaderci nel breve periodo. Nel caso consigliami di iscrivermi a questa newsletter 🙂.
Nel frattempo spero di riuscire a sostenerti se ancora non hai ammesso a te stesso di avere bisogno di aiuto.
👋🏻 Ciao tu, come stai?
Oggi ti saluto così:
📌 Post Scriptum
Oggi ti scrivo da Pan Milano, la mia nuova crush milanese, in zona piazzale Susa.
Un po’ panetteria, un po’ cucina e un po’ wine bar, Pan porta a Milano l’atmosfera del Giappone, rivista in chiave contemporanea. Mi piace frequentarlo in quelle mattine da cielo terso e aria fredda, quando si può godere di un po’ di calma e tantissima luce al suo interno, grazie alle enormi finestre sulla città. Il design è minimal e curato, molto zen.
La mia colazione è un flat white caldissimo ☕️ accompagnato da un dolce e morbido cinnamon roll 🥮 : ideali compagni di scrittura.
Da sapere prima di andare: il locale è piccolo e la produzione è interamente propria e quindi limitata; ultimamente è stato un po’ preso d’assalto e ci sono spesso lunghe code (quindi preparati a sfoggiare anche la tua parte zen), ma nel mio lunedì mattina, sono stata fortunata.
Questo è tutto per oggi. Contenta che tu mi abbia letto fino a qui e che abbia voglia di fare questa avventura assieme.
E che oggi il tuo lunedì sappia di sabato ✨
Ci vediamo settimana prossima, con le mie ultime due volte in cui ho fatto una cosa per la prima volta ⏭️ Nel frattempo pensa anche tu a quella tua ultima volta e se hai bisogno scrivimi.
A lunedì, Marta